sabato 17 novembre 2012

LA VERITÀ RENDE LIBERI

Grazie al C. V. Antonino Arconte, G-71, per questo importante contributo. 
Grazie per la sua costanza nell'esercizio della testimonianza per la Verità e la Libertà. 
Un lampante esempio, questo, di successo formativo dell'UOMO.
Egli è da decenni fulgido esempio per coloro tra gli italiani onesti (tanti, ma non troppi!) che non si arrendono a prescindere.
TOMMASO - Caravaggio.
GRAZIE ANCHE A TUTTI VOI CHE SIETE TESTIMONI CON NOI.


Ecco la voce di G - 71 (che ... cosa non secondaria ... è anche il mio amatissimo marito.):



La verità dietro questa grande crisi, morale, istituzionale, politica ed economica.

La verità sulla situazione di grave crisi italiana ha radici profonde ed è figlia, come tante altre tragedie nazionali, dalle stragi agli assassinii, del Golpe italiano del marzo 1978.

Questo nesso causale lo dimostrai fin dal giugno 1996, dopo averlo denunciato alla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo, pubblicando su internet The Real History of Gladio e, in seguito, il libro L'Ultima Missione. Un best seller che ha illuminato i lettori interessati alla verità, dandogli le giuste chiavi di lettura di tutti i "misteri d'Italia".
In questi giorni si disvelano, grazie al tempo sempre galantuomo, le machiavelliche trame che hanno portato al default il popolo italiano.
Non che esso sia innocente del tradimento della patria italiana. Anzi, essendo la nostra una democrazia, sia pure malata e malconcia, il popolo ne è il primo responsabile.
Non importa se per ignoranza o volontà consapevole di trarre profitto dalla sua distruzione.
In democrazia l'ignoranza è una colpa. Chi ideò, pagandone un caro prezzo, il sistema democratico lo fece per togliere il potere ai tiranni e darlo al popolo. Il popolo, però, lo assumeva impegnandosi a colmare le lacune e rendendosi capace di governare. Soprattutto capace di discernere, tra i rappresentanti che andava a eleggere, i capaci e i giusti, dagli incapaci e ingiusti, favorendo il merito in ogni elemento della società di cui si erano resi responsabili.
Tutto questo in Italia è venuto a mancare.
L'impegno e la partecipazione popolare, già scarsa, è stata messa in angolo da veri e propri banditi mascherati.
Costoro sono riusciti nell'intento di infiltrare le istituzioni democratiche, fino a quel momento solide e in mano a persone capaci, infiltrandosi inizialmente, ben più facilmente, nei partiti politici.
Col potere della corruzione e del denaro di cui le bande criminali potevano disporre grazie ai traffici di droga, armi, sfruttamento della prostituzione, ricatti, estorsioni e tutto il campionario criminale, dovevano conseguire lo scopo di garantirsi impunità e trovare sistemi sempre più raffinati di riciclaggio degli ingenti proventi da attività criminali, sempre in aumento in simbiosi al loro potere.
I partiti politici, inesorabilmente svuotati dal tempo, dei padri nobili, animati da ideali politici, anche se non da tutti condivisibili, però, sicuramente volti al bene comune, che erano sostituiti da maneggioni e imbroglioni di ogni risma. Personaggi dediti a escogitare sempre nuovi sistemi per assaltare la diligenza. Laddove con diligenza s'intendono quei postali che trainati da cavalli venivano, in altri tempi,  assaltati dai banditi che depredavano i viaggiatori.
Oggi la diligenza si chiama Stato, ma per dei banditi la differenza era solo una questione semantica. 
Proprio così hanno agito, entrando all'interno del villaggio, protetto da mura e robusti portoni che ne garantivano la sicurezza notturna, travestiti da viandanti e commercianti di passaggio di giorno, per poi aprire le porte della città ai compari di notte e procedere, quindi, al saccheggio dei beni della popolazione.
Questa è storia del banditismo, basta fare qualche ricerca mirata per scoprirne la similitudine strategica con ciò che è accaduto in Italia a partire dal 16 marzo 1978.
Ciò che dovrebbe meravigliare, semmai, è come sia stato possibile non capirlo in tempo.
Anche questa incredibile situazione, però, ha una spiegazione.
Per prima cosa le bande s'impadronirono dei media. Controllando l'informazione potevano manipolare le coscienze e deviare la realtà, trasformandola a loro piacimento.
C'erano solo alcuni ostacoli da rimuovere e andava fatto d'urgenza.
Residuati di padri nobili all'interno delle maggiori bande politiche della Repubblica progettavano di attuare una alleanza per il bene della nazione, che eliminasse dai centri di potere le bande minori e più corrotte, rendendo inutile il certosino lavoro di infiltrazione portato a termine con successo dalle bande criminali.
Occorreva fermarli e per farlo riunirono tutte le loro forze, affidando a una vera e propria cupola mafiosa del terzo livello, quello più alto, che coincideva con potentati politici ed economici.
Per riuscire occorreva sviare i sospetti anche dagli attori principali di ciò che si stava preparando, perché in tempo di guerra fredda e di contrapposizione tra est ed ovest, era indispensabile non coinvolgere direttamente la potenza sovietica in tutta quell'operazione che, per "Loro", doveva fermare il tentativo in atto di trasformare il più potente Partito Comunista dell'Europa occidentale, in una Socialdemocrazia alla Tedesca.
Un incubo per chi controllava, grazie al ferreo controllo esercitato sul PCI, l'intera società italiana.
Controllavano, grazie a questo, anche case editrici e giornali e, attraverso quelli, l'nformazione che depistava i loro crimini verso improbabili destre eversive e neofasciste, sempre in agguato per organizzare colpi di Stato, per i quali, invece, non aveva alcun interesse ne potere.
Tutti i processi, nonostante l'impegno posto per ottenere la condanna di esponenti dei movimenti neofascisti italiani, finivano, dopo anni d'inchieste infondate, con l'assoluzione degli imputati diffamati e calunniati ed erano presentati da quei media come "misteri d'Italia", destinati a restare senza un colpevole. Doveva essere così, perché costruire colpevoli senza prove era impossibile o quasi, sicuramente molto difficile mentre, costruire intorno alle assoluzioni  trame oscure di servizi deviati e funzionari infedeli, grazie al controllo ferreo esercitato sui media di questo genere, era agevole e destinato a essere coronato dal successo. Coloro che si prestavano a farlo, erano premiati con brillanti carriere e divenivano famosi e osannati da tutto il circo mediatico.
Così stragi efferate come quella del Dicembre 1969 potevano essere addebitate a un ipotetica organizzazione di estrema destra. Il fatto che non fu solo una banca di Milano a essere oggetto di attentato esplosivo, bensì anche altre tre bombe a Roma, alcune delle quali esplosero persino sull'altare della Patria e museo del risorgimento. Obiettivi che mai dei neofascisti nazionalisti avrebbero colpito e, per questa inverosimiglianza col tipo d'autore che si era voluto costruire, fu sottratto dalle cronache per impedire che il popolo potesse nutrire dubbi sulla verità di ciò che veniva spacciato sui media, questi sì deviati da poteri criminali.
N.d.r: su questo argomento trovate, in questo stesso blog, un ampia descrizione dei fatti veri, sulla strage di Piazza Fontana e le altre e le prove sui veri mandanti ed esecutori di quelle stragi.
Nel 1978, però, la situazione stava sfuggendo di mano e per non perdere il controllo sull'Italia, abbandonata dal suo popolo che aveva abdicato il suo potere alle bande criminali, non si poteva perdere altro tempo.
Si procedette così, nei modi descritti e documentati nel capitolo Il Golpe italiano, del libro l'Ultima Missione, (sempre reperibile su www.lulu.com/spotlight/aarconte anche in formato ebook, o su amazon kindle in lettura gratuita) e, questo, costò la vita agli agenti della scorta di Aldo Moro ed a lui medesimo. 
Quel sequestro fu una chiara messa inscena, un depistaggio che doveva allontanare i sospetti dai mandanti dell'assassinio, per accreditare la simulazione di un'azione politica, interna all'Italia, delle Brigate rosse. 
Un gruppo terroristico, per nulla autarchico, ma collegato attraverso la Separat, guidata dallo Sciacallo, alias Carlos Ilich Ramirez Sanchez, comunista venezuelano, addestrato a Mosca alla Lubianka, la scuola del KGB, e poi inviato a guidare i gruppi terroristici mediorientali e dell'Europa occidentale, dalla Raf Tedesca, all'IRA, l'ETA  e le BR italiane. I depistaggi dei media allontanarono i sospetti sul suo coinvolgimento, trascurando anche che l'auto, la Fiat 128 bianca, utilizzata per la strage di Via Fani, era dell'ambasciata venezuelana a Roma e che i colpi che andarono a segno furono quasi tutti sparati da un'unica arma, l'unico vero professionista presente sul posto. Nonché il fatto certo  che quattro del commando terrorista erano in Via Fani in divisa da piloti civili. I motivi di questo sono descritti nel post apposito ma, brevemente, si può ricordare che, all'epoca, i piloti civili avevano corsie preferenziali in uscita ed entrata negli aeroporti. 
Si poteva ragionevolmente ipotizzare, quindi, che i quattro fossero arrivati a Fiumicino quella stessa mattina, prelevati all'aeroporto dalla Fiat dell'ambasciata venezuelana, portati in Via Fani a eseguire la loro missione di morte, per poi ripartire, subito dopo aver prelevato Aldo Moro e consegnandolo a chi doveva custodire l'ostaggio, assumendosi la paternità di quell'operazione d'intelligence. Tra i gestori dell'intera vicenda, però, c'erano anche esponenti del Governo e non servì a evitare il peggio la notizia che l'Ing. Mario Borghi, alias Mario Moretti, custode di Moro, si trovasse in Via Gradoli 96 a Roma. Nessuno fu inviato a circondare e catturare i brigatisti e probabilmente liberare Moro. Il Ministro degli Interni disse ai media che aveva mandato le forze dell'ordine in assetto antisommossa a Gradoli, paese dell'Appennino a trenta chilometri da Roma, che avevano messo a ferro e fuoco il paese e i dintorni, senza trovare niente. Notizia che fu sparata a reti unificate sui media dell'epoca e tutti ricordano quelle immagini. In realtà solo immagini di repertorio che convinsero il popolo italiano che si stava tentando l'impossibile per liberare Moro.
Le proteste dei cittadini di Gradoli, in persona del Sindaco e della sua giunta, che telefonavano alle redazioni dei Giornali e della RAI per chiedere dove fossero queste forze dell'ordine, perché da loro non si vedeva nessuno, rimasero senza risposta e senza riscontri. In una situazione normale questo sarebbe stato uno scandalo sul quale una stampa libera si sarebbe gettata per fare luce e capire come mai la sbandierata ricerca del sequestrato, in realtà, era fittizia!
Quei media non sono cambiati e tantomeno migliorati. Sono sempre loro e hanno avuto anch'essi il loro tornaconto da quella collaborazione. Partecipano, infatti, al saccheggio delle risorse pubbliche. Giornali come l'Unione Sarda, le gesta del quale ho descritto e documentato in questo blog e in sede giudiziaria ottenendogli, grazie a magistrati non coinvolti, la giusta condanna per diffamazione aggravata, riceve dalle casse dello Stato 35 milioni di euro l'anno e l'editore, un ricchissimo uomo d'affari fattosi dal nulla, nato muratore e divenuto nel giro di pochi anni proprietario di una società immobiliare del valore di oltre mille miliardi di vecchie lire, da editore anche del Foglio, "foglio di nome e di fatto", ne riceve anche altri 25. 
In totale sessanta milioni di euro per due giornaletti di questo spessore. Com'è possibile dubitare che quando  ricevono l'ordine di screditare qualcuno, avversario politico o testimone di fatti scomodi, non scattino sull'attenti giornalisti, direttori ed editori e non obbediscano a chi stringe in mano i cordoni della borsa?
Solo così si spiega, infatti, la chiara volontà diffamatoria spinta fino al rifiuto di rettifica, nonostante la certezza di una condanna penale e civile al risarcimento danni.
Purtroppo i magistrati, che pure hanno emesso giuste sentenze di condanna, non se la sono sentita di investigare le chiare evidenze di associazione a delinquere tra personaggi tanto potenti, che pure avevo identificato e provato essere ben identificabili.
Per nostra disgrazia, la certezza del Diritto è stata la prima a cadere vittima delle bande bassotti, com'è giusto chiamarle.
Oggi siamo all'epilogo di quella situazione, tutto ciò cui assistiamo non è altro che questo, il risultato del Golpe che, il 16 marzo 1978, deviò in maniera violenta il corso della storia di questa ex Italia e seguitarono a deviarla a suon di bombe.
Nel mentre le bande bassotti hanno distrutto la sanità pubblica, costruito cattedrali supertecnologiche nel deserto, sprecando miliardi di euro di denaro pubblico; hanno distrutto il territorio nei modi che vediamo tra inquinamento, opere abusive, cementificazioni di coste e fiumi, riducendoci tra alluvioni e frane, in un disastro continuo; hanno distrutto la giustizia, perché una giustizia efficiente non avrebbe permesso tutto questo; hanno distrutto il cinema con le leggi che hanno aperto a falsi produttori, falsi registi e falsi attori e attrici i fondi pubblici destinati all'industria cinematografica che c'era, ma non c'è più. Non è un segreto che di circa trecento film prodotti annualmente, il 50% non andrà mai nelle sale perché la loro funzione era solo quella di giustificare il finanziamento della commissione cinema, sempre controllata dalle bande bassotti. Film costati certamente meno di quanto hanno ricevuto, ma nessuno li vedrà mai. Del restante 50% solo alcuni riusciranno a incassare almeno ciò che sono costati. Pochissimi riescono a essere validi, ma appena sopra la sufficienza. Possiamo ricordare che con Cinecittà, l'Italia della prima metà del novecento gareggiò con Hollywood per la realizzazione dei colossal. Fin dai tempi del muto si organizzavano cariche di elefanti per rappresentare l'invasione dell'Italia da parte di Annibale. Le imprese dell'antica Roma dei Cesari eseguite con maestria in un epoca nella quale i mezzi erano scarsi hanno segnato un epoca storica del cinema mondiale; nel dopoguerra, poi, pur nelle rovine di un Italia distrutta dalla guerra civile e dall'occupazione nazista, il cinema italiano riuscì ancora a primeggiare e insegnò al mondo il neorealismo,. Successivamente, negli anni '60, con il grandissimo Sergio Leone, addirittura insegnò agli americani di Hollywood a fare i western, e ora? Ora è l'immagine esatta di tutto il resto, Cinecittà è ormai fallita. Colossal?! Se qualcosa si è prodotto negli ultimi anni a Cinecittà, è stato perché qualche produzione straniera ha trovato conveniente venire in Italia a usare gli Studios di Cinecittà, più a buon mercato di altri. Certo è che anche io, quando capita uno di quei film all'italiana cambio canale, sempre le stesse storie trite e ritrite, i contorsionismi di lei che sta con lui, però … oppure poliziotti, squadre speciali e magistrati o avvocati … va bene che ormai l'Italia è tutta una storia così ma almeno li facessero bene. Non mancano certo le idee e le capacità artistiche, ma è tutto controllato dal demerito di chi vuole solo fare la cresta sulle spese ... come per tutti gli appalti pubblici. Non ci possiamo permettere nessuna grande opera, perché costa cifre stratosferiche e non se ne vede mai la fine. Avete visto per i terremotati? Casottine di legno, del valore di poco meno di 500 euro al mq, messe in conto a 2.500 e più al mq e hanno già problemi di infiltrazioni … per non parlare degli 800.000.000 di euro per il G-8 della Maddalena e le bonifiche ambientali che sono costate carissime ma ... non ci sono state e le opere che han fatto gli emissari delle bande bassotti era meglio che non le facessero. Sembrano uno scherzo e hanno anche deturpato l'ambiente. Cadranno presto a pezzi, inutilizzate anche quelle. L'ultima beffa dei soldi finiti anzitempo, è stata giustificata col terremoto dell'Abruzzo e l'urgenza di intervenire all'Aquila. Sono stati, quindi, dirottati per cause di forza maggiore.
Per ragioni umanitarie all'Aquila …dove non sono mai giunti ... dove sono finiti?
Mah! Trovarli, una volta finiti nelle mani di chi sa fare il gioco delle tre carte è una bella impresa. Quel che è certo è che … all'Aquila non sono mai giunti, alla Maddalena non ci sono e … saranno affondati nel Tirreno!
davvero scoprite solo adesso che le istituzioni nazionali sono marce e quel poco che ancora cerca di funzionare poggia sul sacrificio e l'impegno dei pochi, sovrastati dai troppi, corrotti e incapaci, che devono le loro posizioni di privilegio alle bande che li hanno cooptati nei ruoli immeritati che usurpano.
Questa è la vera tragedia nazionale, alla quale, purtroppo non c'è rimedio.
In realtà questo non è vero, un rimedio ci sarebbe ma … più avanti leggerete perché dichiaro che non c'è rimedio.
Con sacrificio e impegno, oltre che rischi gravissimi di fare la stessa fine di chi ci ha provato prima, sta venendo alla luce che le stragi di mafia hanno avuto complicità all'interno dello Stato.
Come avete letto la penso allo stesso modo e da ben prima che si evidenziasse così.
La verità, però, è diversa e più grave: non si tratta di complicità, ma di contiguità.
Gli esecutori e i mandanti, così come i complici interni alle istituzioni e coloro che li hanno protetti depistando e ingannando il popolo, fanno tutti parte della stessa banda criminale che ha tradito la patria ma … chi può dimostrarlo in una situazione istituzionale ridotta così?
Se non ci sono riuscito io a dimostrare la complicità di Senatori della Repubblica con gli esecutori della campagna diffamatoria che ho subito, state certi che nessun altro potrebbe riuscirci.
Il sistema criminale che domina l'Italia come un cancro, se ne frega del fatto che sta uccidendo la nazione. Proprio come il cancro, che si batte per continuare a crescere, se ne frega che, una volta ottenuta la vittoria avrà ucciso il corpo che lo ospita e, quindi, anche se stesso.
Si difendono e si difenderanno fino all'ultima risorsa.
L'ultima difesa messa in campo è quella delle manovre alla rovescia. Al contrario di Robin Hood stanno prendendo ai poveri per dare ai ricchi.
Tutte queste manovre, infatti, hanno ottenuto il solo risultato di aumentare le tasse delle classi operaie e medie e attuare tagli che alla fine hanno impoverito il popolo, ma non hanno toccato i privilegi dei ricchi e, soprattutto, quelli dei dirigenti di Stato, strapagati in maniera ingiustificabile ma … è ovvio che dei banditi, quando si siedono nelle stanze dei bottoni, si preoccupino di fare bottino e dividerselo da bravi compari.
Si sono arricchiti tutti con appalti truccati, consulenze fasulle e ruberie varie. Nefandezze sotto gli occhi di tutti e persino in danno di ammalati, terremotati e del servizio sanitario nazionale e previdenziale.
La previdenza è stata ideata in Italia nei primi del novecento, all'epoca del ventennio fascista. Doveva servire a evitare che un anziano, dopo una vita di lavoro, finisse nell'indigenza. Ma questi ladroni l'hanno trasformata in privilegi e appannaggi da mille e una notte. Oltretutto conferiti a chi, dopo una vita di ruberie, non ne ha certo bisogno.
Basti dire che notabili delle bande, assurti a incarichi di governo, oltre a incarichi prestigiosi quanto lucrosi, si sono messi in pensione con liquidazioni da capogiro e mensili da appannaggio principesco. Questo dopo una vita passata a incassare doppi e tripli stipendi, partecipazioni in consigli d'amministrazione vari, tutti a scopo di lucro. Non tralasciando quanti, e sono molti, hanno incassato per decenni, indennità parlamentari e indennità europee. Abbiamo una frotta di anziani dirigenti da mantenere nel lusso, con pensioni da ventimila euro mensili e oltre …molto oltre e, sempre prelevati dalle tasche nostre.
Quando uno di quei boss si ritira in pensione, si porta dietro una finanziaria … ma è tutto legale. Si sono fatti le leggi adatte e nessuno può accusarli di nulla. Quando sono i ladri a fare le leggi, rubare diventa legale.
Come risolvere una situazione del genere se non con una rivoluzione?
Non può essere risolta in altro modo, una rivoluzione democratica che elimini tutti i privilegi, fregandosene, quindi, che una Corte Costituzionale dichiari incostituzionale farlo.
Sono privilegiati anche loro, i giudici della consulta, ovvio che diano parere contrario alla riduzione dei privilegi delle caste.
Una rivoluzione democratica che esegua subito, d'urgenza, una redistribuzione della ricchezza perché ci sono troppi ricchi, quasi tutti in denaro pubblico trafugato all'erario, quindi al popolo, e troppi poveri che anche lavorando non riescono ad avere abbastanza per vivere.
Questo crea la crisi attuale. Una risi finanziaria provocata da un fatto molto semplice da capire: se chi è immensamente ricco, riceve ancora più denaro, non avendo necessità di alcun genere lo mette nelle casseforti delle banche, soprattutto all'estero e toglie pertanto ricchezza all'economia reale. Solo la classe media e quella operaia  se hanno più denaro a disposizione, lo spendono per vivere, rimettendolo in circolo e nutrendo l'economia sana, quella che crea occupazione in un circolo virtuoso.
Per fare questa rivoluzione democratica, però, ci vuole la materia prima: un popolo che abbia finalmente il coraggio di far valere i propri diritti e di non lasciare solo chi lo fa e … non ne ho visto da queste parti.
Peccato, una ben misera fine per un'Italia che, in base all'indubbia genialità di molti scienziati, artigiani, artisti e imprenditori dalle indubbie capacità professionali, avrebbe meritato di meglio.
Questo capita, però, lo dicevano antichi saggi fin dai tempi della Guerra di Troia, a chi lascia che l'ingiusto sieda nel posto che deve essere riservato ai Giusti. 
Proprio quello di cui siamo colpevoli noi italiani.
Poco mi consola che io non ho mai lasciato nulla d'intentato per impedirlo ed anche da solo mi batto ancora contro questa marea di codardi corrotti, perché il risultato, alla fine, è quello di riuscire a salvare solo me stesso e i miei figli. La mia patria, però, resta perduta!

Povera Italia, che brutta fine!





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