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© Aprile 2012 by Graziella Pinna Arconte, all right reserved.
Capita spesso che un docente che, come me, pone in campo le strategie metodologiche relative alla formazione olistica, si trovi in situazione di forte disagio professionale poiché, raramente, il docere, ovvero il nobile atto di trasmettere valori sapienziali, è interpretato come una missione solenne. Al contrario la professione docente, causa anche la frustrante condizione nella quale è immersa nella società italiana dove il ruolo del docente è in netta caduta di prestigio e bassamente retribuito, è spesso svolta mediocremente, supponentemente, senza che sia avvertito dall'insegnante il bisogno dell'auto-formazione che, a rigor di logica, dovrebbe necessariamente precedere la formazione di altri. LIBERO PENSARE, LIBERO CREARE ISPIRATI DALLA SCUOLA ARCIMBOLDIANA - FEDERICO PINNA 4^C |
Solo chi si pone in termini umili di formazione permanente, colui che sa che c'è sempre da imparare, tende verso l'eccellenza del sé-docente per poter formare all'eccellenza l'alunno.
Se l'approccio dell'azione pedagogica non si fonda su tali postulati è ovvio che la formazione non porterà al successo auspicato in tutti i piani dell'offerta formativa, come dimostra l'elevatissimo e triste grado di dispersione scolastica, specialmente in Sardegna.
L'inefficienza, la non consapevolezza del ruolo del docente nell'esercizio delle proprie funzioni ha conseguenze sempre negative, in alcuni casi drammatiche: omologazione, coartazione, demotivazione, depressione, disacettazione, dispersione.
Sono danni che la scuola spesso sottace, contando sulla buona prestazione dei docenti capaci i quali, in virtù di questo circuito negletto, trovano sulle proprie spalle carichi di lavoro enormi, che vanno ad addizionarsi a quelli già imposti dal ruolo formale.
Peraltro, in contesti lavorativi arroccati a modus operandi canonici, l'innovazione è vista come il fumo negli occhi e chi la promuove è sovente oggetto di mobing, come è noto a tutti coloro che sono o sono stati solitari interpreti/vittime di tali realtà.
Il docente innovatore è uno scomodo specchio per coloro che interpretano la professione in termini standard, ovvero rifiutando ogni forma di pedagogia laboratoriale e creativa. Comunemente questi ultimi si arroccano nell'argomento obsoleto del "dover svolgere il programma", come se per svolgere il programma vi fosse un unico modus lecito fondato sulla lezione frontale a porte chiuse, con iper utilizzo nel lavoro di schede precotte e a totale discapito dell'attività creativa, dunque mortificando il saper fare con le mani, la produzione di nuove sinapsi e la strutturazione del pensiero divergente, della curiosità e dell'idealità che libera l'Uomo portandolo a divenire un vero Essere Umano.
A questo si aggiunga una sempre più diffusa abitudine alla deresponsabilizzazione relativa all'educazione primaria dei bambini da parte delle famiglie le quali, soverchiate dai modelli dei vari format consumistici, sono di fatto sempre più spesso assenti nella crescita affettivo-relazionale e cognitiva dei figli, che delegano a istituzioni seconde, terze e quarte, che spaziano dal nido alla scuola, ai vari baby parking fino al computer, televisione, Ipad, Ipod, e vari Itec che dir si voglia.
L'assunzione di responsabilità nell'azione educativa è, pertanto, da parte degli adulti sovente demandata e/o delegata, se non, cosa gravissima, talvolta perfino rimossa come imperativo dovere etico, civile e morale.
La decadenza sociale con la quale ci troviamo a doverci confrontare, infatti, non fa che dimostrare quanto l'effimero, nel trionfare, impone che l'apparire sia l'imperativo categorico che sostituisce l'essere.
E' chiaro che prerogative di questo tipo lasciano poco spazio al talento e al merito di chi vuole perfezionare se stesso nella vita. Insomma, per fare un appunto lontano dall'intento retorico, ora, come nei secoli dei secoli, essere persone di buona volontà non paga ... almeno apparentemente e secondo una logica corta.
Altra cosa grave è che ogni azione non supportata dalla consapevolezza e dalla conoscenza produce esiti nefasti a effetto domino, che dall'alunno si riversano in tutta la società perché, di fatto, vengono precluse, al progetto esistenziale dell'essere umano che si forma, tutte le possibilità dello sviluppo di tale progetto dalla potenza all'atto.
E non c'è niente di peggio di un'anima coartata, dunque votata alla frustrazione e al fallimento.
Io dico che è tempo di fare luce anche negli angolini più bui e, se si vuole che la scuola torni ad assumere un ruolo centrale nella formazione delle anime, allora siano assunti comportamenti innovativi e accolte le prassi olistiche-ecologiche nell'azione formativa: per garantirlo davvero, il successo formativo, non a chiacchiere che, francamente, hanno stancato chi lavora con tanto amore e dedizione tutti giorni.
Le famiglie in prima istanza e i docenti a scuola interpretino un ruolo da protagonisti nella vita, se si vogliono educare i bambini/ragazzi/cittadini a essere davvero protagonisti e interpreti valorosi nella loro esistenza.
Negli articoli a seguire indicherò, nello specifico dell'action didattico-pedagogica alcuni interventi di problem solving strategico da me realizzati in situazioni davvero difficili.
(Copyright © 2012 by Graziella Pinna Arconte, all right reserved).
Se l'approccio dell'azione pedagogica non si fonda su tali postulati è ovvio che la formazione non porterà al successo auspicato in tutti i piani dell'offerta formativa, come dimostra l'elevatissimo e triste grado di dispersione scolastica, specialmente in Sardegna.
L'inefficienza, la non consapevolezza del ruolo del docente nell'esercizio delle proprie funzioni ha conseguenze sempre negative, in alcuni casi drammatiche: omologazione, coartazione, demotivazione, depressione, disacettazione, dispersione.
Sono danni che la scuola spesso sottace, contando sulla buona prestazione dei docenti capaci i quali, in virtù di questo circuito negletto, trovano sulle proprie spalle carichi di lavoro enormi, che vanno ad addizionarsi a quelli già imposti dal ruolo formale.
Peraltro, in contesti lavorativi arroccati a modus operandi canonici, l'innovazione è vista come il fumo negli occhi e chi la promuove è sovente oggetto di mobing, come è noto a tutti coloro che sono o sono stati solitari interpreti/vittime di tali realtà.
Il docente innovatore è uno scomodo specchio per coloro che interpretano la professione in termini standard, ovvero rifiutando ogni forma di pedagogia laboratoriale e creativa. Comunemente questi ultimi si arroccano nell'argomento obsoleto del "dover svolgere il programma", come se per svolgere il programma vi fosse un unico modus lecito fondato sulla lezione frontale a porte chiuse, con iper utilizzo nel lavoro di schede precotte e a totale discapito dell'attività creativa, dunque mortificando il saper fare con le mani, la produzione di nuove sinapsi e la strutturazione del pensiero divergente, della curiosità e dell'idealità che libera l'Uomo portandolo a divenire un vero Essere Umano.
A questo si aggiunga una sempre più diffusa abitudine alla deresponsabilizzazione relativa all'educazione primaria dei bambini da parte delle famiglie le quali, soverchiate dai modelli dei vari format consumistici, sono di fatto sempre più spesso assenti nella crescita affettivo-relazionale e cognitiva dei figli, che delegano a istituzioni seconde, terze e quarte, che spaziano dal nido alla scuola, ai vari baby parking fino al computer, televisione, Ipad, Ipod, e vari Itec che dir si voglia.
L'assunzione di responsabilità nell'azione educativa è, pertanto, da parte degli adulti sovente demandata e/o delegata, se non, cosa gravissima, talvolta perfino rimossa come imperativo dovere etico, civile e morale.
La decadenza sociale con la quale ci troviamo a doverci confrontare, infatti, non fa che dimostrare quanto l'effimero, nel trionfare, impone che l'apparire sia l'imperativo categorico che sostituisce l'essere.
E' chiaro che prerogative di questo tipo lasciano poco spazio al talento e al merito di chi vuole perfezionare se stesso nella vita. Insomma, per fare un appunto lontano dall'intento retorico, ora, come nei secoli dei secoli, essere persone di buona volontà non paga ... almeno apparentemente e secondo una logica corta.
Altra cosa grave è che ogni azione non supportata dalla consapevolezza e dalla conoscenza produce esiti nefasti a effetto domino, che dall'alunno si riversano in tutta la società perché, di fatto, vengono precluse, al progetto esistenziale dell'essere umano che si forma, tutte le possibilità dello sviluppo di tale progetto dalla potenza all'atto.
E non c'è niente di peggio di un'anima coartata, dunque votata alla frustrazione e al fallimento.
Io dico che è tempo di fare luce anche negli angolini più bui e, se si vuole che la scuola torni ad assumere un ruolo centrale nella formazione delle anime, allora siano assunti comportamenti innovativi e accolte le prassi olistiche-ecologiche nell'azione formativa: per garantirlo davvero, il successo formativo, non a chiacchiere che, francamente, hanno stancato chi lavora con tanto amore e dedizione tutti giorni.
Le famiglie in prima istanza e i docenti a scuola interpretino un ruolo da protagonisti nella vita, se si vogliono educare i bambini/ragazzi/cittadini a essere davvero protagonisti e interpreti valorosi nella loro esistenza.
Negli articoli a seguire indicherò, nello specifico dell'action didattico-pedagogica alcuni interventi di problem solving strategico da me realizzati in situazioni davvero difficili.
Conoscenza arcimboldiana - di Giulia Stefanelli 4^ C |
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