giovedì 23 ottobre 2014

ELOGIO DELLA LINGUA ITALIANA.

ELOGIO DELLA LINGUA ITALIANA.



Tavoletta di Tziricotu - Sinis di Cabras
Quando la scrittura era sacra e sublime

Sull'Unione Sarda di oggi, nel bell'articolo di Giacomo Serra, titolato "L'Italiano che avanza" viene messo in evidenza il dato straordinario che la nostra amata Lingua Italiana ha superato se stessa, passando dal quinto al quarto posto tra le lingue più studiate nel mondo. Il giornalista sottolinea l'azione divulgativa della Farnesina che, con il giusto compiacimento, ha diffuso in TV uno spot ove giovani di varie etnie recitano brani di famosi poeti italiani e si esibiscono in performance canore della nostra tradizione lirica. Alle chiose in crescendo positivo, tuttavia, il Serra pone un repentino stop, formulando una domanda che egli ritiene d'obbligo. Ovvero egli si chiede  quale sia l'Italiano studiato nel mondo. Dice: "... Che Italiano studiano nel mondo? Quello dei puristi cruscanti o quello ibrido infarcito di anglismi? Politici, economisti, tecnologi, scienziati, giornalisti hanno coniato un nuovo impianto lessicale. Sono minoranze linguisticamente arroganti che usano frasi e parole straniere come cortine fumogene, quasi formule magiche per non farsi capire incantando. L'Italiano sta perdendo la sua identità. Gli stanno modificando i geni, cromosomi e ormoni. E' diventato una lingua "trans". Da lingua flessiva, come tutte le indoeuropee, a genuflessiva, ossia in ginocchio al cospetto della Lingua Sovrana Inglese ...". L'articolo si chiude con il monito che ci viene dal passato nel quale si ricorda che: " ... Quando un popolo ha perduto Patria e Libertà e va disperso pel mondo, la lingua gli tiene luogo di Patria e di tutto" e con le parole del filologo Luigi Weber il quale sostiene che: " ... La lingua ha perso carisma, non è più soggetto di amore, non è più palestra di lavorio e di gioco, non veicola né sacro né eros. Passioni, interessi e pensieri vengono simbolizzati altrove...".
Intanto mi complimento con Giacomo Serra per aver voluto aprire il giornale con questo importantissimo tema. Non è cosa di tutti i giorni. Concordo per molti aspetti con questa analisi, ammettendo che proprio in Italia, Patria Madre della Lingua Italiana, è venuto a mancare quel sano esercizio di controllo etico ch'è alla base dell'uso che si fa della lingua. Soprattutto è venuta meno la legge morale che attende o disattende la sobrietà della rappresentazione linguistica, soprattutto in senso orale. E' chiaro che una società abbruttita produce modalità espressive brutte. E che la nostra società sia abbruttita non vi è dubbio alcuno. Dissento fortemente dall'asserzione che sia l'introduzione di logismi di altre lingue ad aver determinato la genuflessione della Lingua Italiana al cospetto d'altre. Considerato che l'atteggiamento purista di chi vuole a tutti i costi tutelare l'espressione per niente contaminata della lingua mi sta bene e mi ispira simpatia, non mi sottraggo, tuttavia, anche dal considerare che potremmo, flessibilmente, proporre il ragionamento contrario, ovvero ad esempio, alcuni termini della Lingua Inglese ci stanno benissimo se concepiti all'interno di un contenitore dove ci si voglia esprimere in Italiano con amorevole gusto, essendo consapevoli del grande dono e del potere immenso di cui si dispone ai fini del saper dar forma, dimensione, peso al pensiero. Secondo tale punto di vista, anzi, l'uso di vocaboli di lingua diversa non solo non sono da considerarsi come buoni conduttori di subalternità, ma divengono, addirittura, auspicabili  strumenti per garantire dinamicità e vitalità in una lingua che non vuole rassegnarsi al triste destino che le è stato riservato dalla mefistofelica pletora di ignavi che imperversano in questa ex Italia. Un valore aggiunto, insomma, spendibile nel mondo dove, infatti, la Lingua Italiana si sta espandendo, cercando Luoghi ove impiantare una cultura millenaria, la Nostra, che non vuole rassegnarsi a soccombere. Ed è proprio grazie alla Lingua Italiana che noi continuiamo a poter essere grandi nel Mondo, giacché, nella maggior parte dei casi, essa non viene studiata a fini economici, ma per il gusto assolutamente e squisitamente culturale di poter dare forma raffinata e profondissima al pensiero e saperlo tradurre nel modo garbato, elegante e lucido che solo un'antica lingua consente. E' proprio la capacità di metamorfosi che garantisce longevità: dunque l'immortalità della Lingua Italiana, risiede proprio nella flessibilità che essa dimostra di possedere anche nell'accettare la trasformazione del proprio bagaglio genetico, laddove tale processo serva al progresso ed all'espansione verso lidi diversi. La legge evolutiva riguarda ed è strettamente connessa anche alla lingua, sebbene questa elementare regola venga puntualmente disattesa. La Lingua Italiana  cerca lidi ove il senso del Diritto, della Morale, della Dignità della Persona e della Libertà siano posti alla base della vita civile. Che resta pura a fare una lingua che in Patria viene coltivata, apprezzata, amata, oramai da pochissimi estimatori? Ci vogliamo rendere conto che il peggiore dei problemi del popolo italiano è la non comprensione del testo e che un'incredibile percentuale di persone non sa neppure leggere? Personalmente posso testimoniare la mia grande gioia nell'aver incontrato a New York un nutrito gruppo di persone che studiano con entusiasmo l'Italiano e lo parlano con deliziose inflessioni d'accento. Com'è bello, allora vivaddio, infilare nel fraseggio un "Enjoy", un musicale e amichevolmente affettuoso, rispettoso (ah, che incanto il rispetto!!!) "You're welcome"! Pertanto si può dire che, purtroppo, la Lingua Italiana non è più soggetto d'amore proprio in Italia ma, grazie alla Madre, si moltiplicano le straordinarie imprese di pionieri che lavorano in maniera entusiasmante per divulgare e  impiantare questo incommensurabile patrimonio culturale all'estero, per il gusto di veicolare le competenze che la lingua rende nel processo di deificazione dell'Essere Umano. Voglio citare, tra i molti degni di nota, uno dei progetti che a mio avviso si stagliano in modo totalmente aderente ai precetti fin qui enunciati, un progetto di concezione spiraliforme e universale della Cultura, recante un modus operandi etico, estetico e filosofico fondati s'una visione noumenica, sia in senso platonico, sia in senso kantiano, nel voler diffondere e insegnare i postulati etimologici e semantici della Lingua Italiana, con grande amore d'impresa condivisa e lodevole senso pragmatico. Parlo di Learn Italy e il mio plauso, dunque, va all'amico Massimo Veccia, al quale, in questa sede, voglio rappresentare la considerazione della mia stima e dire il mio personale GRAZIE. 

mercoledì 15 ottobre 2014

ITA 'E NOVAS DAE SARDINNIA!


SULLE ROTTE DELL'ESSERE UMANO - SARDINNIA ...TRISTA MANNA Y MISENìA

AICI FiàUS!



Com'è meraviglioso parlare Umanese! Cogliere idee, fremere nei dinamici preparativi, intraprendere una action condivisa, implementare la cultura della felicità, educare i nostri figlioli, godere dell'Armonia e della Libertà nella natura Madre. Saremmo una Terra paradisiaca, se non fosse intrisa di veleni. E incontrare un essere Umano vero ha, ormai, il sapore del miracolo. Povera Sardegna! Una pletora di loschi, mediocri figuri imperversa, ormai, da tutte le parti. Ignavi, invidiosi, diffamatori, perfidi e ignoranti che connivono con interessi mafiosi, dei quali sono asserviti. Costoro, chiunque si muova in questo senso e a qualsiasi livello, sono colpevoli d'aver tenuto un popolo in smacco rendendolo servile, acritico, ignorante e complice, suo buongrado, di ogni nefandezza. E a guardarli paiono normali, vestiti nei decorosi panni, sotto i quali si celano mostri della peggiore specie. Ne avverto l'olezzo nauseabondo. Vedo la loro aura verde cacca. Il peggio è, a mio parere, che anche molti di coloro che credevo scevri da codesti retaggi, coloro che dovevano essere d'esempio culturale danno, invece, triste spettacolo scannandosi tra loro, non trovando intendimento alcuno ed essendo, alternativamente, chi vittima chi carnefice. Vi è poi qualcuno che eccelle nel campo della diffamazione, specie in questa sede. Vigliacchi subumani che, in forma anonima, recano, con crudele linguaggio, offese inaudite a persone che potrebbero certo essere criticabili, ma mai insultate, derise, mortificate nell'intolleranza. Come credo sia di diritto per tutti. Un gioco al massacro che mi offende, mi lascia allibita e mi ha portato a defilarmi decisamente dall'impegno "sul territorio", poiché perseverare in tal guisa sarebbe stata una colpevole perdita di tempo e di energie. Perché è proprio ciò che a certi livelli ci si aspetta: il famoso dividi et impera, tutti contro tutti. Intanto la nazione, e la Sardegna in particolare, sta facendo la ben triste fine cui tutti assistiamo. Alla fine mi sto convincendo che ci sia un disegno masochista di suicidio di massa. Sennò non si spiega. Col patrimonio che ci è stato concesso: naturalistico, storico, archeologico, alimentare, manifatturiero, culturale, saremmo potuti essere felici come pasque e ricchi come nababbi in panciolle. Invece non riusciamo a nutrire un milione e mezzo di persone e facciamo scappare le nostre menti eccellenti. Stupidi, ingrati che non siamo altri.















martedì 9 settembre 2014

SU TEMPIESU E SU ROMANZESU. DEL TUO PASSAGGIO LASCIA SOLO LE IMPRONTE.

DELLA FONTE SACRA DI SU TEMPIESU DI ORUNE 
DEL SITO NURAGICO DI SU ROMANZESU DI BITTI.

L'UNICO MODO PER CAPIRE E' ANDARE LI A VEDERE CON OCCHI LIMPIDI.

DEL TUO PASSAGGIO
LASCIA SOLO LE IMPRONTE


E si va indietro nel tempo. 
Si va a conoscere luoghi arrivati a noi in diretta dalla Civiltà Nuragica.
Lo scorso sabato mattina presto d'una bella giornata d'estate. Lo abbiamo deciso la sera prima io e Anna. Lei me lo ha proposto, io ho aderito d'impulso. Da tempo volevo farlo. Così, in due e due quattro, eccoci entusiaste come bambine, decise a uscire dalle trasparenti acque del Sinis per tuffarci tra i monti di Orune e Bitti. A Orune, dominando un panorama mozzafiato che ci fa volare dalla Baronia alla Barbagia al Logudoro alla Gallura, ci arriviamo in un attimo (nel senso che il tempo vola tra donne!). 
Subito ci dirigiamo con sicurezza alla Fonte Sacra di Su Tempiesu. 
Ci accoglie, alla biglietteria, una giovane e simpatica archeologa. Lei e Anna attaccano subito un bel bottone. Bello proprio. Ci illustra un pò di storia del sito, con tanta passione. Ci piacciamo: tre donne a parlare nuragico con grande luce negli occhi. Io ho le antenne allertate al massimo. Sono già dentro il disegno: come mio solito interpreto gli eventi con la mia cognizione di causa parecchio sincronistica. Comincio ad assaporare l'aria calda, resa frizzante da una leggera brezza che ci sfiora i capelli mentre scendiamo il percorso botanico. Parliamo a voce bassa e respiriamo bene. Il sentiero è bellissimo, in discesa. In salita, mentre tornano dal percorso, incontriamo un paio di tedeschi e di svizzeri con tre bambini e la faccia beata. Ci salutiamo felici come ci conoscessimo. Ad ogni passo un recupero d'umanità; il cuore predisposto all'ascolto a prescindere dalla volontà. Tutto è sacro in questo luogo: dalla terra che sfiori, al Montalbo che si staglia davanti alla panchina di tronchetti di legno.


Sono felice. Anche di più. So cosa mi aspetta. Eppure assaporo tutto come mai avessi vissuto una simile esperienza. Graziella nel paese delle meraviglie. Anna uguale. Due pasque a giro in montagna a dirsi cose fantastiche. Echi di pace, risa lievi e discrete, spazi infiniti e luce meravigliosa. Emozioni indimenticabili. Scendiamo, scendiamo, scendiamo ... sempre più giù, sempre più indietro nel tempo. All'improvviso ...



Unu caoru si stava abbeverando alla fonte. Una visione pazzescamente esoterica. 
Come primo impatto non c'è che dire. Sembra fatto apposta. Anna è brava a immortalare la magnifica creatura.



Ammiriamo ogni sasso e il maestoso stile architettonico. Anche se non ci sono più vediamo le spade nella roccia. Mi 'ndi siat re Artù! Siamo pazzeschi noi nuragici. Ma bravi mì! Il fatto è che non riuscivo proprio a parlare per la commozione. Ma tanto le parole non descriveranno mai le emozioni che ho provato. Sono intime, personali. In piena libertà spero spero che ciascuno sia ancora padrone di non dover giustificare le proprie emozioni, in questa terra di saputi e scettici. La sacralità di quel posto si taglia a fette, poi c'è qualcuno che si chiede sacro per chi? e perchè? ... ma tant'è. Per me non c'è fogliolina che non sia sacra lì. E lo sanno bene tutti, specie coloro che curano il sito con amore visibile. 
Beviamo l'acqua della fonte e la carezziamo. 
Siamo sole e stiamo molto tempo a meditare, in silenzio. 



Poi la risalita, un pò faticosa per il caldo. 
Il gate si apre verso Bitti, a Su Romanzesu.  La guida, un bravo archeologo che ama il posto più delle proprie tasche, ci spiega tutto con garbo e levità. Il complesso archeologico è stato finora esplorato solo per un ventesimo su un'area di 6 ha. Le capanne riportate alla luce sono circa una ventina, a contorno di cinque edifici di granito dedicati al culto, con ben tre tempietti a megaron.  Poi ecco apparire una delle cose più straordinarie tra i luoghi nuragici di Sardegna: un tempio a pozzo per il culto delle acque, con annessa una stupefacente combinazione di "vasche" simbolicamente chiuse da basalti posti simmetricamente a chiudere lo spazio. Mi sa di divinazione, di passaggio metaforico da uno stadio all'altro nell'evoluzione della vita e della morte, di percorso iniziatico. Dando le spalle alla cupola-pozzo si apre una prospettiva imponente: è come aver a che fare con spazi immensi come il mare, come il cielo, come l'orizzonte, come oltre la vita. Invece il tutto è contenuto in un lecceto e sbocca in un vasto recinto ellittico, con gradoni da anfiteatro che fanno pensare a un posto conviviale per abluzioni purificanti. Un centro benessere del corpo e dello spirito frequentato dal XVI al VII sec. a.C., quando il sito fu misteriosamente abbandonato; non si ravvisano altre peculiarità abitative diverse dalla Civiltà Nuragica. Altro dato, questo, molto significativo e, al momento inspiegabile, essendoci nei paraggi siti abitati anche dai romani. Ho fatto il percorso dentro "il fiume rigenerante", dal pozzo-tempio attraverso le tre fasi-vasche fino al sacello subellittico. Ma, come ho detto, le emozioni non si possono raccontare se non si vuole toglier loro significato e inficiarle.








Non è facile andar via da qui. Ci avrei volentieri passato una notte. 

Andiamo all'Hotel Su Lithu a visitare il popolo di bronzo di Angela Demontis.






Si torna in Campidano ...



Ringrazio tanto Anna Ardu per queste magnifiche foto fatte nella splendida giornata del 6 settembre dell'anno 2014.



sabato 5 luglio 2014

DEL SESSO ... DELL'AMORE.


DEL SESSO ... DELL'AMORE.
Brevi tracce, by Graziella Pinna Arconte.


INCONTRO TRA DEI AL METROPOLITAN MUSEUM DI NEW YORK
(foto di Graziella Pinna Arconte)
Filosofie di ogni tempo se ne sono occupate. Sì che di cotal sentire s'è persa traccia. 
V'era un Tempo, v'era un luogo in cui tutto era Maat, Armonia. 
Ogni Essere che muoveva la sua leggera danza sulla Terra sapeva di dover andare al passo con onda di mare, con afflato di vento, con colata di magma, con rivolo di ruscello. 
Nulla era fuori posto. 
E l'uomo levava alto e potente il suo anelito d'amore in fronte agli elementi. 
Così è stato per millenni, ma si è passati da una situazione in cui tutto era puro (l'atto sessuale e quello filosofico erano potenti di fatto) e nulla era costruito, alla confusione dell'oggi ove l'atto sessuale, se non è consumato ai fini procreativi, è ricerca del piacere. Eppur, invero, speculazione logica induce a ritenere che noi, sempre, ripetiamo in Terra ciò che avviene in Cielo. Simuliamo nel micro ciò che si reitera nel macro, come in un magico format. 
Corpi si incontrano in amore parimenti a Galassie che si incontrano nel Cosmo generando nuova vita e lanciando comete-spermatozoi a fecondare pianeti-ovuli. 

http://www.focus.it/Allegati/2011/4/ngc5426_web_350461.jpg

Talvolta riesce male, lì come qui. Ma quando l'incontro va a incastro è Amore Totale, è opera poetica somma, orgasmo imperituro di inenarrabile bellezza e armonia, che travalica confini spaziali e temporali, finanche ricongiungendo vite karmicamente. L'atto sessuale, quando è potente di questo modo, non ha parametri eguali cui poter esser raffrontato e da esso viene generata vita perfetta, destinata al successo e al tripudio dell'Essere Umano. 
E' dal sentire di codesta assenza che si genera invidia e malevolenza verso i fortunati detentori di tale grazia?
Dagli umani frustranti tentativi si producono forme psichiche involute, quando non omuncoli destinati a restar piccini, insoddisfatti e impotenti. Solo l'Amore Consapevole è potente motore creatore di bellezza sublime, null'altro. Il confine tra felicità e infelicità è tracciato da anima potente che non teme i tormenti delle umane pene e anela alla Consapevolezza, alla Cultura, alla Bellezza e alla Felicità dilatata verso il cosmo, fuori e dentro di sé.
Beati gli esseri che si riscaldano alla fiamma di codesti Esseri Umani poiché godranno di Luce indaco irradiata, Docenza perfetta e Amore puro. Che l'Umanità sia prodiga di cure e attenzioni verso le persone felici: il loro genio reca progresso e prosperità. Chi le perseguita condanna sé stesso e l'Umanità allo stallo e all'infelicità. 
Che le dannate anime siano ricondotte nei meandri dell'inferno e sia tenuta in equilibrio stabile la parte oscura della Vita se si vuole continuare il Viaggio. 
Chi lascia che l'Ingiusto sieda al posto del Giusto merita di sprofondare negli abissi. 

Metropolitan Museum of  New York - foto di Graziella Pinna Arconte.




sabato 8 marzo 2014

Mostra di Villa Giulia a Roma


SARDI PELLITI? CALUNNIE

Bell'articolo di Mauro Manunza, oggi 8 marzo, sull'Unione Sarda. E' il report della mostra, che viene definita di eccezionale interesse, realizzata nelle sale di Villa Giulia, nel Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Roma.

Le ricerche archeologiche condotte in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo negli ultimi venti anni hanno confermato il ruolo dell'isola quale trait d'union nelle rotte commerciali fra Oriente e Occidente durante l'età del Bronzo (II millennio a.C.).

Grazie a nuove scoperte sul campo e agli studi di numerosi giovani ricercatori, è ormai tramontata la ricostruzione che vedeva i Nuragici quale popolo di pastori e agricoltori dediti alla guerra in un contesto di continua belligeranza fra le diverse tribù.

L'idea di un'isola chiusa all'interno dei propri confini naturali è stata completamente ribaltata in una nuova prospettiva decisamente più articolata in cui il mondo nuragico ricopre un ruolo da protagonista nello scenario culturale europeo fra XIV e IX sec. a.C.

Uno scenario caratterizzato da una fitta rete di relazioni commerciali fra popolazioni, scambi di idee che producono evoluzione e innovazioni fondamentali soprattutto nel campo tecnico e sociale.

La conferenza di Franco Campus, uno degli ideatori della mostra che resterà aperta al pubblico fino al prossimo 16 marzo, illustrerà i tratti salienti della società cui si deve la realizzazione dei simboli oggetto dell'esposizione.

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Forse per la prima  volta, in questa mostra, si dice a chiare lettere che gli abitanti di Ichnusa non erano solo pastori, ma mercanti raffinati e potenti, architetti, costruttori e maestri.
Dice Manunza:
"Paese di santi, di eroi, di navigatori. Forse di poeti. Certo di architetti e costruttori. E di mrcanti. Questa era la Sardegna tra il secondo e il primo millennio avanti Cristo, dall'età del bronzo medio agli albori di quella  del ferro. ... Ormai le prerogative del popolo dei nuraghi sono uscite dal buoi mistero, in gran parte svelate da decenni di studi archeologici ( ...!!!) e pubblicamente proclamate. Il mito è superato da certificazioni di indiscussa autorevolezza quali possono essere vil Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma e gli specialisti che nelle sale del museo hanno messo in piedi una mostra di eccezionale interesse e largo richiamo (potrà essere visitata ancora per un paio di settimane).
... Esposizione di grande fascino che "rivela una civiltà antichissima come quella che ha realizzato le torri di pietra e che dalla Sardegna ha intessuto relazioni commerciali e culturali con le altre popolazioni insediate nel Mediterraneo": questo il commento di Alfonsina Russo, soprintendente per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale , artefice della mostra assieme all'etruscologo Marco Edoardo Minoja, soprintendente archeologo della Sardegna, ad interim con Bologna. Il quale spiega che i Sardi di tremila anni fa erano "al centro dei contatti con tutte le sponde del Mediterraneo, centro nevralgico dei traffici di grande importanza e larga percorrenza, fino alle coste atlantiche della Spagna, alle isole Egee, al Tirreno".
Non Pelliti come più tardi li avrebbero definiti i Romani. Certo gli allevatori vestivano di pelli d'animali, ma l'abbigliamento di uomini e donne nei villaggi era composto e, per quei tempi, perfino elegante.
C'erano i sacerdoti, c'erano gli equipaggi marittimi e i guerrieri armati. I Sardi avevano imbarcazioni in grado di affrontare il mare lungo le rotte internazionali trasportando in andata rame e argento, bronzetti e ceramiche (N. : e bottarga e sardine e tessuti e farine e olio e vino?); e al ritorno grandi lingotti di piombo e lo stagno che serviva  per realizzare il bronzo con cui forgiare statuette interpreti della loro vita. E gli scali isolani ricevevano mercanti d'ogni dove, interessati agli scambi d'ogni prodotto. Ma il traffico vivo non riguardava soltanto beni materiali: i contatti diretti diffondevano costumi, così che la cultura degli isolani s'intrecciava con quelle di luoghi anche lontani - Micene, Cipro, Bulgaria, Libano e vicino Oriente, penisola Iberica e più distanti costa atlantiche. Si trovano tracce sarde nell'Europa Centrale. L'anno scorso si è scoperto che i reperti dell'età del bronzo nordica furono prodotti con rame della Sardegna. L'interesse della mostra riguarda ovviamente le relazioni dei Sardi con i vicini Etruschi, quando, ormai, la civiltà nuragica era prossima alla fine mentre i Tyrsenoi cominciavano a espandersi. Le coste orientali distano meno di 200 chilometri dall'Argentario e Capo Linaro. Perciò l'Etruria conosceva e apprezzava le produzioni artigianali nuragiche, simboli di un quasi potere politico, religioso, marittimo. Molto è andato perso nei secoli, ma restano bronzetti e vasi in ceramica venuti alla luce soprattutto da sepolcri  e scavi clandestini: a  Gravisca, Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Veio; nel settentrione a Vetulonia, San Feliciano,  Populonia, fino a Pisa e Bologna, al Lazio e alla Campania. Navicelle trovate a Torlonia sono conservate all'Ermitage di San Pietroburgo.
Non tutto è originale sardo. Gli Etruschi (popolo più giovane di quello isolano) riproducevano in grande quantità e a loro volta esportavano nella penisola, continuando a commerciare falsi oggetti sardi quando per la società ormai post -- nuragica si accelerava la crisi aperta dalla cessata produzione del rame cipriota.

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DOMANDE

  1. Non tutto è originale sardo?
  2. Il popolo etrusco è più giovane di quello isolano ... forse perché quello isolano si era trasferito lì in seguito a eventi naturali catastrofici?
  3. Che interesse avrebbe avuto un popolo con una sua cultura a emulare in così tante specificità i sardi?
  4. La civiltà post-nuragica è continuata, dunque, in Etruria?


Ad ogni modo, voglio ringraziare i curatori di questa importante mostra, la considero un passo molto importante verso la riscrittura della nostra storia vera, dei popoli del Mediterraneo e del Mondo.










lunedì 3 marzo 2014

HORUS DI THARROS, CUSTODE DI SHA'AR HA BA'AL, LA PORTA DEL SOLE E DELL'ACQUA.

Il mare di San Giovanni, in perfetto stile rebus,   restituisce, pian piano, nuovi tasselli di lettura. Ecco l'Horus di Tharros emerso da sotto la sabbia pochi giorni fa. Ce lo segnala Stefano Sanna, autore di queste foto.






I PRECEDENTI CARTIGLI, PRATICAMENTE ATTACCATI A QUESTO E CLAMOROSAMENTE ETICHETTATI COME FALSI, MUTI ASSISTONO AL SUSSEGUIRSI DEI RITMI STAGIONALI, ESPOSTI A PERICOLOSE INTEMPERIE. CI PIACEREBBE SAPERE COME MAI NON E' STATO IMPLEMENTATO ALCUNO STUDIO DI VERIFICA IN TEAM. MOLTO PIÙ COMODO DIRE CHE SI TRATTA DI FALSI E ATTENDERE PAZIENTEMENTE CHE SPARISCANO NEL NULLA. A FUTURA MEMORIA, COSI' COME HO RESO REPORT SUI PRIMI DUE CARTIGLI, COSI' FACCIO PER IL TERZO. QUESTO LO STUDIO DI GEORGEOS DIAZ DI MONTEXANO, STUDIOSO SPAGNOLO ESPERTO DI GEROGLIFICI.


Commento di Geogeos Diax - Montexano: In entrambi i casi, se è come se si wArrw (Uarru), wAkrrw (Uakerru), sarebbe il nome di una divinità Falco, locale, Sardegna, cioè l'Horus di Tharros, o intera Sardegna. Anche se nessuno può escludere che Uarru o Uakerru è il nome di un re locale dell'isola.

Nota bene: Tale ipotesi è assolutamente suggestiva, specie in considerazione del fatto che Capo San Marco è la reggia dei falchi pescatori e, ancora oggi, rara patria peri falchi reali. Inoltre, a Cabras, come in tutta la provincia di Oristano, molto comuni sono i cognomi Arru, Aru, Orrù.

Ecco gli altri due cartigli, trovati lo scorso maggio 2013.



El nombre egipcio de Tharros
Georgeos Díaz-Montexano, Scientific Atlantology International Society (SAIS), 200131 
Stefano Sanna, un culto vecino de San Giovanni de Sinis, Cabras,en la hermosa isla de Cerdeña, realizó un hallazgo que de ser autentificado por la comunidad científica internacional, podría convertirse en el más importante descubrimiento epigráfico de laHistoria de Cerdeña, pues estaríamos nada menos que ante la más antigua mención del nombre de la célebre ciudad de Tharros,escrito con jeroglíficos egipcios dentro de un cartucho de ciudad. Este estudio versará exclusivamente sobre el desciframiento y traducción de tales inscripciones jeroglíficas, quedando pendiente el necesario estudio científico que debería ser realizado, a la mayor brevedad posible, para así determinar su verdadera antigüedad. Cartucho de ciudad con jeroglíficos de tipo egipcio hallado junto a la costa en SanGiovanni de Sinis, Cabras, Cerdeña. Foto: Stefano Sanna, junio de 2013.1 Georgeos Díaz-Montexano: http://www.GeorgeosDiazMontexano.com &
http://wiki.atlantisforschung.de/index.php/Georgeos_D%C3%ADaz-Montexano

Descripción de los cartuchos y primeras interpretaciones
Se trata de dos cartelas o cartuchos ovalados de aproximadamente medio metro cada uno, dentro de los cuales aparecen inscritos varios signos jeroglíficos egipcios o de tipo egipcio. En el cartucho que llamamos nº 1 se aprecian tres claros signos jeroglíficos, que a juzgar por la orientación del jeroglífico de un león tumbado, resulta evidente que fueron escritos de derecha a izquierda, según la norma más frecuente entre los egipcios y los mismos fenicios. En el segundo cartucho, aunque más ilegible, se pueden reconocer con seguridad tres signos jeroglíficos y uno o dos, muy dañados.
Los primeros intentos por interpretar lo que tales signos jeroglíficos significaban, según las fuentes que he podido consultar, parten de dos estudiosos de las antiguas escrituras: Giorgio Valdes y el conocido epigrafista Gigi Sanna. El primero expuso que en el cartucho nº 1 él reconocía los signos t(j)-r(w)-t, pero que t(j) también era un pronombre femenino ('usted'), y también explicó que el jeroglífico del león tumbado,
además de tener un valor fonético, es también un ideograma que, en este caso, estaría seguido por la terminación femenina t, por lo que propuso que podría ser leído o traducido como: “tu, rut” o “tu leonessa”.5 En castellano: "usted, la leona". Sobre el cartucho nº 2, Valdes reconoció también la dificultad de poder entender el signo que vendría después de los dos primeros que en egipcio presentan el valor fonético p y n. Dice exactamente:
“Per la seconda non è leggibile il secondo geroglifico a sinistra che potrebbe anche indicare il senso di scrittura, ma anche in questo caso dovrebbe trattarsi di un nome tipo "p....n-p"/"p...nep" o "p-n....p"/pen...p" o qualcosa del genere. Sarebbe interessante se in zona si ritrovassero toponimi simili”6 El destacado epigrafista Gigi Sanna, también de la ilustre isla de Cerdeña, expuso su idea de que, al menos en el cartucho nº 2, podrían hallarse signos de escritura proto-sinaítica o proto-cananea.7 Posterior a las interpretaciones de los citados estudios, Gigi Sanna y Giorgio Valdes, nada más se volvió a publicar sobre el posible significado y antigüedad de estos dos cartuchos inscriptos con jeroglíficos de tipo egipcio. Y así fue hasta que el 27 de Agosto de este año de 2013, pude ver por primera vez la foto de el cartucho nº 1 a través de una publicación de Andrea Mulas. De inmediato reconocí lo que podría ser el nombre de Tharros o Tharra escrito en el interior del cartucho. Publiqué una nota explicando mi propuesta de identificación. En realidad, dos propuestas o hipótesis. La primera propuesta, o sea, la que me parecía más probable: T-rw-a (Tcharrua o Tharra), y la segunda, T-rw-z (Tcharrus o Tharrus).8 En cualquiera de los dos casos, me pareció más que evidente estábamos ante el nombre mismo de Tharros o Tharra, (gri. Θάρρας), escrito con caracteres jeroglíficos de tipo egipcio.
De inmediato mi propuesta tuvo una buena acogida entre todos los estudiosos antes citados. La sensación que he percibido es de entusiasmo y de que mi propuesta de traducción podría ser la acertada. Es decir, que
estaríamos ante la más antigua mención escrita del nombre de Tharros. Tal como expliqué el 27 de Agosto, el texto fue escrito de derecha a izquierda (según la norma más frecuente de los egipcios y de los fenicios),
y se leería como: T-rw-a (Tcharrua o Tcharra), o sea, Tharra. Pero también dije que sería posible que se pudiera leer como T-rw-z (Tcharrus o 5 
http://ilritornodiabraxas.blogspot.com.es/2013/06/geroglifici-di-tharros-sensazionale.html? showComment=1371229336904#c2052229963282825143
6 Idem.
7 http://monteprama.blogspot.com.es/2013/06/sprachlos.html?
showComment=1371230571836#c319667320385391015
8 https://www.facebook.com/georgeos.diazmontexano/posts/10201962292361639

Tharrus), y que para mi quedaba claro que se trataría del mismo nombre de Tharros, el mismo que los griegos escribían como Θάρρας. Un día después, Giorgio Valdes, en un post privado (visible solo para
amigos) de la página facebook del epigrafista Gigi Sanna, comentó que el jeroglífico que aparece al final del texto del cartucho nº 1, a la izquierda, detrás del león tumbado (E23) con valor fonético rw, en realidad podría tratarse del jeroglífico D41 .9 Este jeroglífico era usado para varios esta nueva hipótesis de Valdes, entonces la lectura que inicialmente propuso: “tu, rut” o “tu leonessa”, tendría que ser modificada con una
nueva interpretación o traducción. Yo interpreto (en mi hipótesis 9 https://www.facebook.com/gigi.sanna.98/posts/10201042602520780?
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 Un día después, Giorgio Valdes, en un post privado (visible solo para amigos) de la página facebook del epigrafista Gigi Sanna, comentó que el jeroglífico que aparece al final del texto del cartucho nº 1, a la izquierda, detrás del león tumbado (E23) con valor fonético rw, en realidad podría tratarse del jeroglífico D41 .9 Este jeroglífico era usado para varios valores fonéticos como nj (ni), rmn, grH, y mH. Por tanto, de ser correcta esta nueva hipótesis de Valdes, entonces la lectura que inicialmente propuso: “tu, rut” o “tu leonessa”, tendría que ser modificada con una nueva interpretación o traducción. Yo interpreto (en mi hipótesis 9 https://www.facebook.com/gigi.sanna.98/posts/10201042602520780? comment_id=5667051&offset=0&total_comments=33


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domenica 9 febbraio 2014

NOTTI GLORIOSE TRA MUSE


NOI 

  • Graziella Pinna Arconte Non bastan i tuoi versi, cara musa ispiratrice/ ti sei fatta generosissima latrice di altrui pensieri/ che nell'oggi, come nell' ieri, posano dono all'anima/ fieri del sensibil passo/ che, incedendo avanza/ in lieta, imperitura, condivisa, danza.
    7 ore fa · Mi piace · 1
  • Enrica Meloni E tu che duettar ispiri, gloriosa favella in versi emani. Vorresti donar a questa notte nuovi poetici sussurri?
  • Graziella Pinna Arconte Sì come nell'aer/ nubi silenti/ maestose avanzan/ seco recando maestosa novella/ così rigo si spiana ad accoglier verso/ imbrigliando stellato cielo in una stanza/ giammai dolente del ristretto spazio/ semmai beato dell'infausto dazio/ che presentossi arrogante sol apparente/ che il ciel starìa costretto anche in minor recipiente/ a guisa e a patto d'abbracciar musa sì bella ...
  • Graziella Pinna Arconte Tal che notte sussurri a Te, Enrica, e a me, Graziella?
  • Enrica Meloni Speme d'egregie alture/ elle maestose e simbiotiche anime/ come sacral clinàmen di connubio si cinsero./ Fiere magistre dal sen fecondo/ purpureo di nervature vitali/ di vocaliche possenze e loquaci favelle/ di vita eterea, ogni lor ludo acclama redenta gloria.
  • Graziella Pinna Arconte Appassionate labbra/ in bocche vermiglie a rosa/ mani dall'immortale posa/ lievi su fertili grembi/ che beate creature stanno. /Alto lo sguardo ad accarezzar vento/ solenne postura d'ancestral sembianza/ il cosmo intero s'inchina alla lor danza/ volendo stelle e pianeti restar a ruotare in questa stanza./ Ah, quale bellezza! Inenarrabile ristoro per cantici e poeti/ giunti su cavalli alati, nel giogo attratti da spiritual ebbrezza./ Sì che tremante e ingorda, la notte al nunzio sta.
    7 ore fa · Mi piace · 1
  • Enrica Meloni Oltre gli irti ed infertil solchi del dolore, all'estasi del trascendere, candide nenie irridono al tepore. Saccenti al tripudio, votive al trapasso verso un'ombra che mortal flebil diviene ad ogni rima che sol le labbra tue sapranno pronunciare.
  • Graziella Pinna Arconte Così che per meglio sentire il cantico d'Enrica/ Graziella, a sorella notte/ lega fili d'amica./ Siede dritta all'ascolto/ sotto sacrali fronde/ scevro d'anime immonde/ il sito che cercò./ Ah, melodiosa nenia/ a lei, fiduciosa, giunge! / Qual magico tocco! Qual ardente sentire!/ Rami, fuscelli e foglie ... / Tutti attenti all'udire!/ Si che notorio sia ch'ella l'avea chiamato/ tal pargolo appena nato / di cui giunta era la voce/ ch'ella volle udire, ancor prima di partorire!
    7 ore fa · Mi piace · 1
  • Enrica Meloni E d'estemporanea sorte, mai costrutto sia ogni verbo mio. Che a te, membra dal sen fiorente, sia ragion d'estatica notte, dolce e ligia al riposo per quel novel cantico che m'accingo a donarti.
  • Graziella Pinna Arconte Rigoglioso il mio seno/ da cui novello pargolo nutrirsi abbisogna/ in un paesaggio ameno/ libero, senza vergogna/ il verso volerà./ Ora ch'egli è nato/ il suo canto va insegnato/ a chiunque amarlo vorrà/ Così che pene e dolore/ felicità e amore possano esser cantati/ dal vento, dalla pioggia, dalle foglie e da noi, madri dilette ... per sempre riconosciuti.