mercoledì 23 ottobre 2013

DELL'ESSERE UMANO DIVENIRE

A mio marito dall'eternità, Antonino Arconte.
A Marco e Alexandra, i miei figli dall'eternità.
A Teresa, mia madre per l'eternità.
A tutti coloro che accettano la sfida dell'Essere Umano per l'Eternità.


Un intrepido viaggio nel cervello: dal cervelletto limbico verso la corteccia - fronte - ghiandola pineale.

DELL'ESSERE UMANO DIVENIRE
di Graziella Pinna Arconte


Sull'uscio di sublime porta
privo di alcuna
rimembranza
mi destai,
SOLO.


E privo di scorta.

Mano invisibile
tracciò mio viso
dandomi notizia
di dolorose fessure.
Lama impietosa
sfrecciando
  su legnosa carne
a squarciar taglio
repentino
d'occhi.
DOLORE.

Aggredito da paure.
Grumo di mestizia
me vidi 
di pelle squamosa
in terribil, solenne,
maestoso broglio,
che 
sopraffin sentiero
 imbrocchi.
STUPORE.

In qual bramosa
aurora,
 dal resto
inprescindibile,
ego mio
torni
ad 
abitar perenne?
CALORE.

Dolce,
umore,
sangue,
scese lesto
in bocca
a
ridestar sapore
a
spalancar narici.
PORTE.

S'apriron,
ali di melma
su scoscese pendici
che
il risalir
era duro!
Scorrendo
il corpo, 
adatto era al cammino.
Patendo 
al desiar
che ripetesse
DESTINO.

E partìi
nell'ineffabil'ora.
Deciso 
perorar muta,
strappando
sedicente corazza
bastante al viaggiar
da allora a pietra.
PRIGIONE

Evasi
lasciando 
simil retaggio
di scaglie
a guisa,
per conseguir
 agognata terrazza
ove
vidi seder
Sole e Ragione.
SPERANZA.

Flaccide gambe
glabro
il pensier
guidando,
strisciai, strisciai e strisciai.
fino a risalir altura.
Arti, mani, pelle,
ferendo,
continuai.
Paludi, dirupi, oceani.
Ma non mi arresi.
Non mi arresi.
Mai!
FORZA.

A te, vocato
colle
corpo tutto
e
 braccia lese
protèsi.
" ...Quand'anche
un dì
sul ventre tuo 
adombrossi
mie stanche membra,
felice
in te
riposar potrei!".
SOGNO

Nel mezzo del cammin
mi ritrovai
e
nuovi piedi
e
braccia nuove
splalancai
a respirar leggero,
quell'aere pura
e fresca
e vigorosa
che
lavò seco 
a
scivolar dabbasso
desolante, viscida, cosa.
LIBERTA'

In fronte a me
Ah, dolce pianura!
immensa
presentossi
ch' IO
assaporando brezza
su liscia pelle
in piè
percorsi.
E caddi, caddi e caddi
ma sempre mi rialzai.
Vedendo
cambiarsi corpo
ad acquisir
ANIMA.

Luce
inondò mia vista.
Luce
cauterizzò ferite.
Guarii
per sempre
in quel peregrinar
da oscuro Limbo 
verso Alba
radiante
dalla fronte.
Qui, 
in incontrario viaggio,
di Thanathos
 dalle rive
mi traghettò
il sempiterno amico
Caronte.
E fu giorno e fu meriggio
imperituro.
CONSAPEVOLEZZA

Soffio divino
trafisse, caldo,
nuove,
amate, 
morbide,
carni.
Sfiorò,
soave, 
il mio volto
azzurro.
Mi rivoltai
sicuro,
potente,
a riveder tramonto.
Seppi del viaggio,
del desìo
e del coraggio.
In me stetti
completo,
libero di tornare,
indenne,
memore,
felice.

E nacqui Dio.
IMMORTALITA'



Graziella Pinna Arconte

Il 23 di Ottobre dell'anno 2013























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