A mio marito dall'eternità, Antonino Arconte.
A Marco e Alexandra, i miei figli dall'eternità.
A Teresa, mia madre per l'eternità.
A tutti coloro che accettano la sfida dell'Essere Umano per l'Eternità.
Un intrepido viaggio nel cervello: dal cervelletto limbico verso la corteccia - fronte - ghiandola pineale.
DELL'ESSERE UMANO DIVENIRE
di Graziella Pinna Arconte
Sull'uscio di sublime porta
privo di alcuna
rimembranza
mi destai,
SOLO.
E privo di scorta.
Mano invisibile
tracciò mio viso
dandomi notizia
di dolorose fessure.
Lama impietosa
sfrecciando
su legnosa carne
a squarciar taglio
repentino
d'occhi.
DOLORE.
Aggredito da paure.
Grumo di mestizia
me vidi
di pelle squamosa
in terribil, solenne,
maestoso broglio,
che
sopraffin sentiero
imbrocchi.
STUPORE.
In qual bramosa
aurora,
dal resto
inprescindibile,
ego mio
torni
ad
abitar perenne?
CALORE.
Dolce,
umore,
sangue,
scese lesto
in bocca
a
ridestar sapore
a
spalancar narici.
PORTE.
S'apriron,
ali di melma
su scoscese pendici
che
il risalir
era duro!
Scorrendo
il corpo,
adatto era al cammino.
Patendo
al desiar
che ripetesse
DESTINO.
E partìi
nell'ineffabil'ora.
Deciso
perorar muta,
strappando
sedicente corazza
bastante al viaggiar
da allora a pietra.
PRIGIONE
Evasi
lasciando
simil retaggio
di scaglie
a guisa,
per conseguir
agognata terrazza
ove
vidi seder
Sole e Ragione.
SPERANZA.
Flaccide gambe
glabro
il pensier
guidando,
strisciai, strisciai e strisciai.
fino a risalir altura.
Arti, mani, pelle,
ferendo,
continuai.
Paludi, dirupi, oceani.
Ma non mi arresi.
Non mi arresi.
Mai!
FORZA.
A te, vocato
colle
corpo tutto
e
braccia lese
protèsi.
" ...Quand'anche
un dì
sul ventre tuo
adombrossi
mie stanche membra,
felice
in te
riposar potrei!".
SOGNO
Nel mezzo del cammin
mi ritrovai
e
nuovi piedi
e
braccia nuove
splalancai
a respirar leggero,
quell'aere pura
e fresca
e vigorosa
che
lavò seco
a
scivolar dabbasso
desolante, viscida, cosa.
LIBERTA'
In fronte a me
Ah, dolce pianura!
immensa
presentossi
ch' IO
assaporando brezza
su liscia pelle
in piè
percorsi.
E caddi, caddi e caddi
ma sempre mi rialzai.
Vedendo
cambiarsi corpo
ad acquisir
ANIMA.
Luce
inondò mia vista.
Luce
cauterizzò ferite.
Guarii
per sempre
in quel peregrinar
da oscuro Limbo
verso Alba
radiante
dalla fronte.
Qui,
in incontrario viaggio,
di Thanathos
dalle rive
mi traghettò
il sempiterno amico
Caronte.
E fu giorno e fu meriggio
imperituro.
CONSAPEVOLEZZA
Soffio divino
trafisse, caldo,
nuove,
amate,
morbide,
carni.
Sfiorò,
soave,
il mio volto
azzurro.
Mi rivoltai
sicuro,
potente,
a riveder tramonto.
Seppi del viaggio,
del desìo
e del coraggio.
In me stetti
completo,
libero di tornare,
indenne,
memore,
felice.
E nacqui Dio.
IMMORTALITA'
Graziella Pinna Arconte
Il 23 di Ottobre dell'anno 2013