AGORA' SHARDANA: QUEI GIGANTI RITORNINO NEL SINIS.
ARTICOLO SEMPRE ATTUALE ANCHE SE NON RECENTISSIMO DEL PROF. FRANCESCO CASULA
Quei
giganti ritornino nel Sinis
Di
FRANCESCO C. CASULA
Statue di Mont'e Prama a Li Punti (SS) |
Nell'inserto
del Corriere della Sera di domenica scorsa è uscito un bellissimo articolo a
firma di Carlo Vulpio che ripropone
il mistero dei fantastici guerrieri di pietra segnalati alla Soprintendenza
d'allora da un contadino cabrarese nel lontano
marzo del 1974.
È
pur vero che anch'io sono cabrarese, tacciabile di partigianeria; ma questo non
influenza la mia obiettività di storico se m'introduco
- da storico - nella querelle sulla collocazione museale di questi famosi
giganti detti di “Monti Prama”, perché rinvenuti
nella collinetta del Sinis di Cabras che conosco palmo a palmo fin dalla mia
prima giovinezza (tant'è che lo scrivo
Mont'e prama, cioè “monte della palma”, perché la collinetta, pretenziosamente
chiamata monte, era ricoperta un tempo
di palme nane selvatiche, lavorate in paese per ottenerne il crine). Di queste
grandi statue in arenaria, snobbate da
tutti gli archeologi per decenni ed ora venute in auge di prepotenza, ne ho
sentito di tutti i colori. L'unica cosa che non
ho sentito dai gigantòcrati di turno è che cosa ci stavano a fare tante
espressioni megalitiche nuragiche, uniche nell'isola,
in una landa oggi deserta. Se si stabilisce questo, è logico che le statue non
possono essere sradicate dal territorio
dove sono state trovate perché non direbbero niente del passato: in un museo
cagliaritano o sassarese sarebbero
ridimensionate a pure manifestazioni di stile e basta («che grandi occhi
hanno!»; «quanto sono alte e corrusche!»,
«com'erano vestite!», ecc., ecc.).
SEGUE
A PAGINA 48 DALLA
PRIMA.
Bisogna evitare un delitto scientifico Quei
giganti di pietra ritornino nel Sinis (...)
Vediamo, invece, il quadro politico che dà un senso alla loro esistenza. La
penisola del Sinis è stata abitata dall'uomo
fin dal tardo paleolitico per via delle tante possibilità di sostentamento
offerte dagli stagni pescosissimi di Mar'e
pontis e di Mistras che la orlano ad oriente, e dal fertile terreno di prima
classe (edaphon) ricco di humus. Ne sono testimonianze
antiche gli scavi di Cùccuru de is arrìus (Cùccuru Arrìus, per l'ufficialità) e
di Conca de is illonis (Conca Illònis,
sempre per l'ufficialità), dove è stata rinvenuta e "trafugata"
nottetempo dal sovrintendente Vincenzo Santoni,forte
della sua veste legale, la più bella "dea madre mediterranea" fra quelle oggi esposte al Museo di Cagliari (l'episodio
mi è stato raccontato dallo stesso Santoni che stimo come amico ma non come
autorità). In tutto il Sinis, secondo
il primo storico sardo Giovanni Francesco Fara, vi erano circa cinquanta
villaggi, abbandonati nella nostra Era, verosimilmente
a cavallo del Mille, a causa degli attacchi musulmani provenienti dal Maghreb e
dalla Spagna islamica.
Dicono
le fonti che, verso il nono secolo a.Cr., fu impiantato nella scabra punta
meridionale dalla penisoletta, poco adatta all'agricoltura ed alla pastorizia, il primo emporio commerciale fenicio,
chiamato Tharros, benaccetto alle popolazioni
nuragiche della zona. La storia successiva, si sa: col tempo l'emporio divenne
villaggio, poi cittadina, poicittà,
sempre più affamata di spazio per le proprie esigenze di sopravvivenza, fino a
quando non venne a scontrarsi con le
esigenze delle popolazioni nuragiche limitrofe. E fu la guerra, o, almeno, un
continuo stato di guerra latente. Secondo
me,
questo avvenne nel settimo secolo a.C., prima dell'arrivo nel 508 dei guerrieri
punici chiamati dai Fenici per contrastare
le intemperanze locali. Per logica, dovrebbe essere di quel periodo la doppia
cinta muraria che difendeva lacittà
dagli attacchi provenienti da nord, ovverosia dal Sinis nuragico che, in
contrapposizione alla civiltà semitica ormai ostile,
aveva innalzato al lato della strada che univa Tharros a Cornus, in località
Mont'e prama, una serie di
gigantesche
statue guerriere a segnare il limes di statualità indigena.
Statualità
che fu abbattuta, insieme alle sue insegne megalitiche, dai terribili mercenari
cartaginesi, apportatori di malaria,
in espansione verso nord, fino alle pendici del Montiferru, e verso est, oltre
il Campidano di Cabras. Quando nel 238
sopraggiunsero i Romani, della cultura nuragica del Sinis, rappresentata dai
Kolossoi, non c'era più nulla: solo frammenti
che la terra andava man mano coprendo… Onore ai restauratori de Li Punti, che
li hanno riportati "in vita"; ma
quello di non volerli ricollocare là dove sono stati eretti, è il solito
delitto scientifico - d'altronde, non raro in Sardegna
-
che vien fatto "… in nome degli alti interessi di diffusa conoscenza
collettiva".
Onore ai restauratori de Li Punti, che li hanno riportati "in vita"; ma quello di non volerli ricollocare là dove sono stati eretti, è il solito delitto scientifico - d'altronde, non raro in Sardegna - che vien fatto "… in nome degli alti interessi di diffusa conoscenza collettiva".
RispondiEliminaPAROLE SANTISSIME.
lo considero anch'io un delitto scentifico, ma molti dicono che cabras non ha una struttura per ospitare i giganti..
Eliminavorrei notizie grazie
Hi nicee reading your blog
RispondiEliminaHi great readding your post
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