Copyright © Aprile 2012 - Graziella Pinna
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SA PREDA ‘E S’ARRAGODU
di Graziella Pinna
Arconte
(Cabras, 07 aprile 2012)
APPROCCIO LOGICO CON LA
CONOSCENZA
"CONOSCERE PER CAMBIARE? ...
NO! ... CAMBIARE, PER CONOSCERE!!!"
Sulla via della
ricerca della verità storica, ma della Verità in generale, ciascuno di noi si
spende dando il proprio, personale, civile contributo.
Ciò che a me
interessa, in particolare, non essendo io né una storica né un’archeologa, ma
una maestra la cui maggiore preoccupazione è quella di riuscire a trasmettere
informazioni quanto più corrette ai propri alunni, è di avere le idee chiare
sui temi relativi alla nostra Verità Storica.
Intanto cominciamo
col tener conto che la Storia in quanto disciplina, già per sua natura,
reca in seno l’approssimazione: ogni evento storico viene reso dalla narrazione
raramente testimoniale-diretta da chi i fatti li ha realmente vissuti, ma da
chi, in tempi differenti, indaga e cerca di dare un quadro, si spera, quanto
più obiettivo dei fatti. La speranza è d’obbligo, basti pensare agli
innumerevoli casi in cui gli eventi sono stati deformati a fini divulgativo-propagandistici,
di stampo ideologico, politico o di genere e categoria.
Non si può non
considerare che l’approccio narrativo cambia a seconda dei punti di vista e
che, pertanto, la storia si riscrive continuamente.
Di questo siamo
consapevoli e chi fa lo storico di professione non può non fare i conti con
questo paradigma fondamentale: la storia del singolo, come la storia di un popolo
corrisponde alla narrazione che di essa viene resa, dunque spesso, come ho
detto, affatto obiettiva, se non ingannevole.
IL PROBLEMA E’ DI
GRANDE ATTUALITÀ POICHÉ MOLTE SONO LE PRETESE DI VERITÀ ESIBITE NEL CAMPO
STORICO-IDENTITARIO.
Quale metodo
adottare, dunque, affinché la verità storica sia quanto più possibile scevra da
inganni?
·
Intanto, come
sempre nella ricerca, bisogna privilegiare un atteggiamento di grande umiltà, pazienza e flessibilità
intellettuale: mai arroccarsi sulle proprie convinzioni e/o pretendere la
loro imposizione acritica;
·
Il campo di
ricerca è sconfinato e continuamente soggetto ad aggiornamenti/ridefinizioni/cambiamenti;
·
La
ricercazione deve essere mirata alla definizione del contenitore entro il quale
si muovono i contenuti oggetto di studio: ogni dettaglio del quadro è
importante, ma molti dimenticano la cornice in cui il quadro è contenuto;
·
Perseguire, con open mind, nuove strade di conoscenza
laddove l’approccio consueto sia risultato fallimentare e da riscrivere,
disposti ad abbandonare metodi rigidi utili ai fini del dato immediatamente
obiettivo, ma incapaci di sondare spazi di indagine più profondi, per esplorare
i quali è necessario dotarsi di strumenti intellettuali e culturali differenti.
Questa premessa per
dire che nel mondo accademico di genere, per abitudine consolidata dai tempi di
Platone, tutto ciò che non rientra in una logica ordinaria viene considerato
pericoloso.
E questa, diciamo, è
la cornice del nostro quadro.
La logica ordinaria non è (per dirla con Nardone, fondatore del Centro di
Terapia Strategica) una inutile
invenzione o, tantomeno, qualcosa di sbagliato: essa ben si applica a fenomeni
lineari naturali, binari.
Con la logica ordinaria stabiliamo le
relazioni di causa-effetto e l’approccio scientifico è di tipo
ipotetico-deduttivo. L’esperimento,
il progetto si fondano su buone ipotesi.
Se, però, vogliamo
occuparci di stabilire verità non facilmente certificabili perché narranti
storie remote e/o metadimensionali, comprendiamo che innumerevoli sono le
componenti sincroniche che si intersecano e che, per focalizzare i nodi da
sciogliere, causa-effetto, ritmo binario e sistema ipotetico- deduttivo non
sono più sufficienti.
E’
necessario, allora, utilizzare la Logica Non – Ordinaria.
Dice Nardone, nel
libro “Solcare il mare all'insaputa del
cielo”, che la logica non-ordinaria è vista nel mondo accademico come una
sorta di diavolo che va a minare qualunque pratica assodata, cosa assolutamente
pericolosa per chi voglia proporre una teoria forte.
Eppure il
procedimento metodologico che tale tipo di logica consente è alla base della
cibernetica e viene applicata con grande successo nei percorsi di psicoterapia:
in entrambi i campi la logica lineare spesso non funziona, mentre nella
concezione non-lineare sappiamo che influenzando ciò con cui interagiamo
introduciamo un cambiamento nella realtà che ci torna indietro. Nella cibernetica,
infatti, tutto è interazione e feed-back. (Scuola di Palo Alto).
LA CAUSA COSTRUISCE L’EFFETTO, L’EFFETTO
CREA LA CAUSA.
LA CIRCOLARITÀ SI SOSTITUISCE ALLA LINEARITÀ CAUSALE.
Con la logica–non
ordinaria il processo di indagine è di tipo costitutivo-deduttivo,
ovvero tutte le variabili apparentemente non-logiche e di tipo sincronico
vengono annesse in maniera tale da agglutinarsi, ovvero la logica lineare va a
incunearsi nel ritmo circolare sommandosi ad esso e consentendo l’analisi
lucida degli eventi e la risoluzione del problema oggetto di indagine.
Passando da una
mentalità ipotetico - deduttiva a una costitutivo-deduttiva vediamo che
l’assioma principale non è CONOSCERE PER CAMBIARE, ma CAMBIARE PER CONOSCERE.
Ovvero l’esatto
contrario.
In tutto il mondo
sempre più vasti sono gli ambiti scientifici nei quali sono applicate le categorie della logica – non lineare: NEL CONTESTO
CLINICO-MANAGERIALE E NELLO SVILUPPO DI NUOVE TECNOLOGIE.
Non escluso,
certamente, il campo storico – archeologico.
Come avrete capito
questa premessa è per dire che la nostra antica civiltà applicava la logica metadimensionale
in ogni atto della vita: nella filosofia, nella scrittura, nell'architettura
nel culto. Intorno al cerchio è lo sviluppo delle forme solide, sociali e
ideali, prova
ne sia che, generalmente, il contenitore del testo era anch'esso parte del
testo. La scrittura, come si evince da documenti elaborati, come ad
esempio la stele di Nora, disvela una struttura logica non-lineare e
pluridirezionale (si sviluppa in tutti i sensi del supporto), leggibile solo
nel momento in cui si comprende lo spirito di una cultura in cui l’Uno e Tutto
erano estremamente interconnessi.
Non a caso la grande
maggioranza dei testi ci riportano al dio o, comunque, al culto.
La nostra civiltà
antica, infatti, conosceva l’arte della circolarità concettuale e la usava nel
quotidiano anche attraverso l’uso di quello che chiamiamo circle-time per le
grandi e piccole decisioni socializzate; nella scrittura altamente simbolica e nella
narrativa architettonica che lo scriba curava personalmente.
Il tempo assume
connotati estremamente flessibili e anticonvenzionali quando, per comprendere
le tensioni filosofiche d’oggi, dobbiamo tornare indietro a prima di Platone,
quando i presocratici avevano una visione circolare della vita.
Gli stessi
presocratici, tuttavia, erano gli eredi di un retaggio culturale largamente
precedente.
L’analisi filosofica,
pertanto, consente l’indagine storica e ci descrive come vivevano i nostri Padri:
ci porta nel loro mondo dove un armonico equilibrio dell’essere consentiva che
la concezione non-lineare potesse includere il rigore della logica lineare per l’evoluzione dell’uomo, paragonabile al
singolo che nel procedere delle età della vita acquista sempre maggiori dispositivi
di conoscenza e consapevolezza. Utilizzando le risorse congrue ai tempi
storici, l’Uomo, ieri e oggi affronta i problemi che si pongono mettendo a
punto strumenti sempre più perfetti.
Grazie alle odierne
conoscenze vediamo chiaramente il profilo di una straordinaria Civiltà Antica
la cui scuola pluridisciplinare mirava alla formazione olistica della persona.
Attraverso le
testimonianze documentali e orali arrivate fino a noi leggiamo che la pulsione
dei nostri Padri era ieri, come oggi è per noi, quella di trovare supporti
quanto più longevi per lasciare ai posteri la testimonianza del loro passaggio.
Allora, sicuramente,
il supporto solido di maggiore efficacia era la pietra, ma sulla pietra non
poteva essere inciso un poema per esteso, dunque la trasmissione avveniva
attraverso un linguaggio altamente simbolico secondo, appunto, una concezione
non-lineare, adatta ad ottimizzare uno spazio limitato.
Oggi, le moderne
concezioni culturali tornano ad abbracciare l’approccio circolare sommato a quello
lineare nella trasmissione della conoscenza. Anche nella didattica, (e io posso
testimoniarlo con grande sicurezza, visto che questo è il metro metodologico
che utilizzo per garantire ai miei alunni un reale successo formativo), ogni
apprendimento passa attraverso l’applicazione di una giusta dose di prassi
lineare, per l’accomodamento dei concetti cognitivi, contenuta in una
concezione globale non-lineare, nel circle-time, per l’apprendimento di uno
stile conoscitivo metacognitivo.
Qui sta il
grande scarto evolutivo dell’Uomo, saper operare un equilibrato e dosato
processo di sintesi e agglutinamento per riconoscere i processi di causa che
costruisce l’effetto e l’effetto che crea la causa in un più ampio contesto
dove la circolarità sappia racchiudere la linearità.
La considerazione
sensazionale è che tale approccio filosofico - matematico era già alla base
della cultura della società antica e ciò si evince dalle forme del culto e dall'architettura vediamo come, ad esempio nel pozzo di Santa Cristina, la
forma rettangolare si incunea in maniera binaria nella forma circolare,
perfetta sintesi della Dea Madre, massima espressione simbolica di armonia, creatività
ed equilibrio.
La concezione
metadimensionale, costituente la somma della logica costitutivo-deduttiva + la
logica ipotetico – deduttiva, come dimostra la Dea Madre, in Sardegna è
plurimillenaria. Le due logiche si sono progressivamente collocate, nei secoli
successivi all’età nuragica, in antitesi tra loro.
Oggi, avulsi da un
contesto generale di grande crisi, capiamo che una società d’armonia non può
essere costruita privilegiando l’una teoria a discapito dell’altra: esse sono
complementari ai fini della formazione olistico – ecologica dell’Uomo.
Questa scelta
educativa è il solo mezzo efficace per garantire sia su piccola che su vasta
scala il miglioramento sociale in senso culturale, dunque economico.
Noi siamo i latori
di questa filosofia che ebbe il suo punto culminante in età Ramesside con Maat,
l’Armonia, detta anche la Regola, non a caso.
La nostra è una
filosofia forte e da esportare, dunque, non importata.
E’ arrivata fino ai
giorni nostri sfidando i millenni recando in seno immortali valori: il merito,
il coraggio, la determinazione nel perseguire un obiettivo, la capacità di
interpretazione degli eventi, il gusto architettonico, l’abilità artigianale in
tutte le sue forme, l’arte, la saggezza e l’amore per la vita e la conoscenza.
Abili mani parlano a
noi tutti i giorni di questa grandissima civiltà del passato.
La nostra lingua,
ricca di suoni, di significanti, di sfumature ironiche di incommensurabile
finezza, ci narra ancora di verità che non sappiamo spesso ascoltare, così come
non sappiamo leggere l’antico scritto.
Nel quotidiano
esistere mille sono i messaggi che arrivano dal retaggio dei millenni che noi,
superficialmente, non sappiamo decodificare. Basta saper dare il giusto peso
alle parole per scoprire che esse provengono da una dimensione solenne dove
ogni vocabolo aveva un suo peso enorme e la sua forma specifica. Dove era
sacrilego sprecarle. Quando le parole venivano usate come sistema curativo e
taumaturgico per alleggerire le umane sofferenze e la persuasione era la
metrica metodologica per educare l’Uomo ad essere Uomo.
Nella lingua
troviamo fondamentali verità celate tra le pieghe dell’abitudine.
Risuona nelle mie
orecchie la voce di mia madre e dei miei nonni che, quando da bambina
dimenticavo di fare qualcosa, sgridandomi dicevano: “PONIDI’ SA PREDA ‘E
S’ARRAGODU!” “Mettiti la pietra del
ricordo”.
Questo modo di dire
racconta di pietre “postas” messe,
nel senso di collocate in loco per il
ricordo e la memoria immortale degli eventi da lasciare ai posteri: steli,
tombe, edifici … tutto in perfetto rapporto simbiotico tra terra e cielo,
secondo la visione filosofica della quale ho appena reso conto, laddove il
contenitore e il contenuto giocano la stessa percentuale di importanza: l’Uno e
il Tutto per la formazione olistica dell’Uomo.
Siamo eredi di una
ricchezza immensa: sia dal punto di vista naturalistico, sia
storico-archeologico. Seduti su un secchio d’oro, potremmo essere tutti ricchi,
invece i nostri figli non hanno futuro presso le nostre contrade e sempre più
spesso devono emigrare in cerca di lavoro.
Ingrati e
imbarbariti, non siamo riusciti a trasmettere la nostra ricchezza culturale ai
nostri giovani i quali, spesso omologati e coartati in un triste nulla
esistenziale perdono l’orientamento, finanche arrivando alla scelta più
dolorosa del suicidio, problema reale che non possiamo più sottacere in questo
paese.
Questa situazione è
inaccettabile. Eppure perseveriamo nel
non voler cambiare, rasentando la totale indifferenza e l’assoluta mancanza di
responsabilità educativa.
Abbiamo perso la
competenza del saper leggere gli eventi e prendere decisioni sensate sulla base
dell’attenta lettura di essi.
Noi tutti cerchiamo
di dare il personale contributo per testimoniare la buona volontà di voler
migliorare la realtà nei luoghi che abitiamo e sappiamo che ogni occasione è
imperdibile a questo fine.
Favoriamo continue
occasioni per creare nel Sinis un polo d’attrazione culturale; molto importante
il rientro, a Cabras, dei Padri di Monte ‘e Prama. Il loro ritorno alla luce è
da interpretare non solo come fatto puramente archeologico ma, soprattutto,
come richiamo imponente alle nostre possibilità e responsabilità.
Smembrare questo
corpus equivarrebbe ad annullare l’effetto dei principi costitutivo-deduttivi
di cui ho finora parlato, rischiando di annullare l’effetto d’attrazione che
solo la forza di un intero sa rendere.
Per questo siamo
quanto mai convinti che la loro divisione è un’operazione dispersiva e
aculturale, perdente anche dal punto di vista del richiamo turistico, dunque
dell’indotto economico, dato che le persone dovrebbero cercare in diversi musei
i pezzi migliori delle statue, non già poter assaporare la magia da esse
emanata nel loro luogo di nascita e di collocazione naturale.
Stesso discorso per
le tavolette di Tziricotu le quali dovrebbero far parte del nostro patrimonio
museale fruibile!
Ciascuno di noi nel
voler cambiare esige naturalmente, perché è consapevole dell’immensa eredità
che ci è stata lasciata in prestito, di proteggere e tutelare ogni bene da
rendere intatto e/o migliorato alle future generazioni che ce lo hanno prestato.
Non siamo padroni di
niente altro che non sia la nostra antichissima, immanente e intelligente
anima.
GLI ADDETTI AI
LAVORI, CHE PERSEVERANO NELL’ARROCCARSI SU POSIZIONI RIGIDE SE NON
OPPORTUNISTICHE, SI RENDONO RESPONSABILI DI CIO’ A CUI STIAMO ASSISTENDO: LA NEGAZIONE
DELLE VERITÀ STORICHE, IL REGRESSO CULTURALE E LA NEGAZIONE DEI SOGNI PER IL
FUTURO DEI NOSTRI FIGLI.
SIAMO TUTTI
TESTIMONI DELLE INNUMEREVOLI SITUAZIONI DI STALLO IN CUI VERSA ATTUALMENTE IL
NOSTRO SISTEMA SOCIALE.
La reale liberazione
dal punto di stallo si avvera creando,
in momenti distruttivi, processi di consapevolizzazione del tessuto sociale
attraverso una teoria educativa forte. E’ il potere rivoluzionario dell’azione educativo
– formativa che ha funzionato per millenni, garantendo l’evoluzione e la
formazione di generazioni di uomini e donne Custodi del Tempo e di Valori
Immortali.
E’ tempo di porre
fine allo stagnante panorama culturale che impera.
In ogni parte del
mondo prende mano la rivalutazione e la riscoperta dei valori di Maat,
l’armonia. Contemporaneamente, ora come millenni fa, uomini che nemmeno si
conoscono tra loro parlano la stessa lingua e condividono gli stessi ideali
d’amore per la vita, per la natura e per il genere umano.
Persone illuminate e
consapevoli operano laboriose come api operaie per il riscatto del genere umano
e per evitare la catastrofe planetaria annunciata.
Noi, qui, abbiamo
tutti gli strumenti utili.
Li abbiamo sempre
avuti a voler ben vedere. Sono sotto il nostro naso, a disposizione: suoni,
musica, canti, cibo, gioielli, tessuti, manifatture, edifici, filosofia.
Siamo tutti lettere
scritte sotto lo stesso cielo e sulla stessa Terra.
Il nostro stesso
corpo, infatti, è concepito secondo logica metadimensionale: in noi ondeggia un
codice letterario binario inscritto in ogni singola cellula, a sua volta
inscritta in una contesto corporeo definito all'interno e all'esterno i cui
piedi si posano sulla terra e la cui testa taglia lo skyline.
Gli Antichi lo
sapevano e difendevano la sacralità di simile, commovente, verità.
Io ho voluto
rappresentare la cornice, oggi.
Graziella Pinna Arconte