SARDI PELLITI? CALUNNIE
Bell'articolo di Mauro Manunza, oggi 8 marzo, sull'Unione Sarda. E' il report della mostra, che viene definita di eccezionale interesse, realizzata nelle sale di Villa Giulia, nel Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Roma.
Le ricerche archeologiche condotte in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo negli ultimi venti anni hanno confermato il ruolo dell'isola quale trait d'union nelle rotte commerciali fra Oriente e Occidente durante l'età del Bronzo (II millennio a.C.).
Grazie a nuove scoperte sul campo e agli studi di numerosi giovani ricercatori, è ormai tramontata la ricostruzione che vedeva i Nuragici quale popolo di pastori e agricoltori dediti alla guerra in un contesto di continua belligeranza fra le diverse tribù.
L'idea di un'isola chiusa all'interno dei propri confini naturali è stata completamente ribaltata in una nuova prospettiva decisamente più articolata in cui il mondo nuragico ricopre un ruolo da protagonista nello scenario culturale europeo fra XIV e IX sec. a.C.
Uno scenario caratterizzato da una fitta rete di relazioni commerciali fra popolazioni, scambi di idee che producono evoluzione e innovazioni fondamentali soprattutto nel campo tecnico e sociale.
La conferenza di Franco Campus, uno degli ideatori della mostra che resterà aperta al pubblico fino al prossimo 16 marzo, illustrerà i tratti salienti della società cui si deve la realizzazione dei simboli oggetto dell'esposizione.
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Forse per la prima volta, in questa mostra, si dice a chiare lettere che gli abitanti di Ichnusa non erano solo pastori, ma mercanti raffinati e potenti, architetti, costruttori e maestri.
Dice Manunza:
"Paese di santi, di eroi, di navigatori. Forse di poeti. Certo di architetti e costruttori. E di mrcanti. Questa era la Sardegna tra il secondo e il primo millennio avanti Cristo, dall'età del bronzo medio agli albori di quella del ferro. ... Ormai le prerogative del popolo dei nuraghi sono uscite dal buoi mistero, in gran parte svelate da decenni di studi archeologici ( ...!!!) e pubblicamente proclamate. Il mito è superato da certificazioni di indiscussa autorevolezza quali possono essere vil Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma e gli specialisti che nelle sale del museo hanno messo in piedi una mostra di eccezionale interesse e largo richiamo (potrà essere visitata ancora per un paio di settimane).
... Esposizione di grande fascino che "rivela una civiltà antichissima come quella che ha realizzato le torri di pietra e che dalla Sardegna ha intessuto relazioni commerciali e culturali con le altre popolazioni insediate nel Mediterraneo": questo il commento di Alfonsina Russo, soprintendente per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale , artefice della mostra assieme all'etruscologo Marco Edoardo Minoja, soprintendente archeologo della Sardegna, ad interim con Bologna. Il quale spiega che i Sardi di tremila anni fa erano "al centro dei contatti con tutte le sponde del Mediterraneo, centro nevralgico dei traffici di grande importanza e larga percorrenza, fino alle coste atlantiche della Spagna, alle isole Egee, al Tirreno".
Non Pelliti come più tardi li avrebbero definiti i Romani. Certo gli allevatori vestivano di pelli d'animali, ma l'abbigliamento di uomini e donne nei villaggi era composto e, per quei tempi, perfino elegante.
C'erano i sacerdoti, c'erano gli equipaggi marittimi e i guerrieri armati. I Sardi avevano imbarcazioni in grado di affrontare il mare lungo le rotte internazionali trasportando in andata rame e argento, bronzetti e ceramiche (N. : e bottarga e sardine e tessuti e farine e olio e vino?); e al ritorno grandi lingotti di piombo e lo stagno che serviva per realizzare il bronzo con cui forgiare statuette interpreti della loro vita. E gli scali isolani ricevevano mercanti d'ogni dove, interessati agli scambi d'ogni prodotto. Ma il traffico vivo non riguardava soltanto beni materiali: i contatti diretti diffondevano costumi, così che la cultura degli isolani s'intrecciava con quelle di luoghi anche lontani - Micene, Cipro, Bulgaria, Libano e vicino Oriente, penisola Iberica e più distanti costa atlantiche. Si trovano tracce sarde nell'Europa Centrale. L'anno scorso si è scoperto che i reperti dell'età del bronzo nordica furono prodotti con rame della Sardegna. L'interesse della mostra riguarda ovviamente le relazioni dei Sardi con i vicini Etruschi, quando, ormai, la civiltà nuragica era prossima alla fine mentre i Tyrsenoi cominciavano a espandersi. Le coste orientali distano meno di 200 chilometri dall'Argentario e Capo Linaro. Perciò l'Etruria conosceva e apprezzava le produzioni artigianali nuragiche, simboli di un quasi potere politico, religioso, marittimo. Molto è andato perso nei secoli, ma restano bronzetti e vasi in ceramica venuti alla luce soprattutto da sepolcri e scavi clandestini: a Gravisca, Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Veio; nel settentrione a Vetulonia, San Feliciano, Populonia, fino a Pisa e Bologna, al Lazio e alla Campania. Navicelle trovate a Torlonia sono conservate all'Ermitage di San Pietroburgo.
Non tutto è originale sardo. Gli Etruschi (popolo più giovane di quello isolano) riproducevano in grande quantità e a loro volta esportavano nella penisola, continuando a commerciare falsi oggetti sardi quando per la società ormai post -- nuragica si accelerava la crisi aperta dalla cessata produzione del rame cipriota.
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DOMANDE
- Non tutto è originale sardo?
- Il popolo etrusco è più giovane di quello isolano ... forse perché quello isolano si era trasferito lì in seguito a eventi naturali catastrofici?
- Che interesse avrebbe avuto un popolo con una sua cultura a emulare in così tante specificità i sardi?
- La civiltà post-nuragica è continuata, dunque, in Etruria?
Ad ogni modo, voglio ringraziare i curatori di questa importante mostra, la considero un passo molto importante verso la riscrittura della nostra storia vera, dei popoli del Mediterraneo e del Mondo.